La Commissione europea sapeva che i risultati dei test di laboratorio sulle emissioni nocive delle auto sono falsati. Non è solo un sospetto: dopo le accuse di Die Welt, a dimostrarlo sono le conclusioni di una ricerca condotta tra il 2009 e il 2011 nei laboratori del Joint research center (Jrc) europeo di Ispra, sul Lago Maggiore. “I risultati indicano che le emissioni di ossidi di azoto dei veicoli diesel, inclusi gli Euro 5, superano in modo sostanziale i rispettivi limiti. Le deviazioni osservate per le emissioni di ossidi di azoto vanno da un fattore 2-4 fino a un fattore 14“, si legge nell’executive summary dello studio, disponibile su internet e di cui ha dato conto il Corriere della Sera. Vale a dire che gli inquinanti erano fino a 14 volte superiori a quanto permesso dalla legge. I test sono stati fatti su 12 auto diesel e a benzina con standard da Euro 3 a Euro 5 di differenti produttori analizzandone le emissioni su strada, cioè quelle reali, non influenzate dal software truffaldino montato su 11 milioni di auto Volkswagen. Le case costruttrici non sono citate ma si parla di auto diesel di piccola e media cilindrata, auto a benzina e minivan.

L’indagine risale a tre anni prima rispetto a quelle dell’organizzazione indipendente statunitense International council on clean transportation (Icct) su modelli della casa di Wolfsburg e di Bmw, i cui esiti hanno fatto scoppiare il caso. Esiti di cui, peraltro, il settimanale Spiegel aveva dato conto già nel settembre 2014 in un servizio intitolato “I costruttori barano sempre di più per rispettare i vincoli sui consumi”. In cui si poteva leggere che “i computer di bordo di nuova generazione possono riconoscere quando l’auto si trova sui rulli di test e passare solo in quel caso a una modalità ottimizzata”, e “per chi controlla è impossibile riconoscere tali manipolazioni”.

Lo stesso Peter Mock, direttore della sezione europea dell’Icct, ha fatto sapere che l’idea di rilevare le emissioni su strada delle auto americane è nata dalle risultanze dello studio europeo, firmato dal gruppo di lavoro di Martin Weiss, Pierre Bonnel, Rudolf Hummel e altri cinque ricercatori. Tra cui gli italiani Urbano Manfredi, Rinaldo Colombo e Mirco Sculati.

Sebbene i nomi dei produttori e dei modelli analizzati non siano riportati nello studio resta il fatto che il Jrc, che è il servizio scientifico interno della Commissione Ue e dichiara sul proprio sito di “impiegare scienziati per condurre ricerche con l’obiettivo di fornire informazioni scientifiche indipendenti e supportare le politiche dell’Unione”, aveva le prove di una forte discrepanza tra gli esiti ottenuti in laboratorio e le emissioni effettive. Misurate guidando le auto lungo quattro itinerari extraurbani nel varesotto, con diverse condizioni meteorologiche e temperature. Nell’introduzione della ricerca, gli autori mettono nero su bianco che “i risultati indicano che gli attuali test di laboratorio non catturano l’ampio range delle potenziali emissioni su strada” e auspicano come “rimedio” che le analisi di laboratorio siano affiancate da “procedure complementari come la misurazione delle emissioni su strada”. Una novità che in effetti è già prevista, ma entrerà in vigore nei 28 Paesi solo nel 2017.

Peraltro venerdì fonti Ue hanno confermato all’agenzia Efe che l’Unione europea sa dal 2010 che le emissioni inquinanti dei veicoli diesel – non solo Volkswagen, ma di tutti i marchi – su strada sono superiori a quelle rilevate in laboratorio. Ma “non ha mai appurato alcuna frode”. Secondo le stesse fonti Bruxelles lavora dal 2011 per rendere i test più vicini ai dati di guida reali, anche se il primo pacchetto di norme in materia è stato approvato solo lo scorso maggio. Le nuove prove sulle emissioni partiranno nel 2016, ma nuovi limiti normativi saranno definiti solo nell’autunno del 2017.

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