Quei concorsi dovevano essere pubblici e non riservati ai soli dipendenti interni. Un’altra tegola sulla Regione Calabria arriva dal Consiglio di Stato che il 7 settembre scorso ha deciso sul ricorso di un ingegnere, Francesco Grosso, che aveva impugnato i concorsi interni della Regione davanti al Tar perché, secondo lui, l’ente avrebbe dovuto coprire i posti vacanti con un concorso pubblico: “I provvedimenti impugnati gli precludevano la possibilità di partecipare ai concorsi per la copertura dei posti vacanti, illegittimamente tutti riservati al personale già dipendente dell’ente”.

Nel 2006, i giudici amministrativi di Catanzaro rigettarono il ricorso dell’ingegnere che, poi, si rivolse al consiglio di Stato. Quest’ultimo, oggi, ha ribaltato la sentenza di primo grado, condannando la Regione Calabria al pagamento di 8mila euro e annullando i decreti dirigenziali del 26 giugno e dell’8 luglio 2003, di indizione delle selezioni verticali alle categorie D1 e D3 per il personale dipendente della Regione.

Sono state annullate anche le delibere della Giunta regionale numero 198 del 6 marzo 2001, 651 del 24 luglio 2001 e 737 del 6 agosto 2002, concernenti la dotazione organica degli uffici regionali. Tradotta in non burocratese, la sentenza del consiglio di Stato può essere un terremoto per il settore amministrativo calabrese. Un terremoto che toccherebbe quasi mille dipendenti (799 per la categoria D1 e 186 per la D3) che avevano partecipato a quel bando interno adesso annullato.

La Regione Calabria sarebbe venuta meno – è scritto nella sentenza del Consiglio di Stato – al principio del pubblico concorso, senza alcuna motivazione delle ragioni di tale deroga in violazione del principio di imparzialità e buon andamento (ex art. 97 della Costituzione), creando altresì una ingiustificata posizione di privilegio per il personale già dipendente ed impedendo così altrettanto ingiustificatamente di concorrere per l’accesso nella pubblica amministrazione”. “I casi in cui la pubblica amministrazione può ricorrere a concorsi interni – scrivono sempre i giudici amministrativi – sono da considerarsi deroghe eccezionali possibili solo quando siano funzionali al buon andamento dell’amministrazione e ricorrano altresì peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle”.

Non rientravano quindi nei casi da deroghe eccezionali, quindi, i concorsi interni per le categorie D1 e D3 della Regione Calabria. Occorre adesso capire che fine fanno i 985 funzionari regionali promossi con un concorso annullato dal consiglio di Stato. E, soprattutto, occorre chiarire se gli atti firmati da quei funzionari sono ancora validi o sono nulli e quindi impugnabili dai cittadini.

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