Convegni, un archivio virtuale, il completamento della pubblicazione delle sue opere, anche una serie di seminari per le scuole superiori. Tra questi: “Matteotti a novant’anni dal delitto”. Peccato, però, che di anni, dall’omicidio di Giacomo Matteotti, ne siano ormai passati 91. Il disegno di legge che prevede programma di iniziative e stanziamento di soldi per le commemorazioni è stato, sì, depositato nel febbraio 2014, ma si trova ancora a galleggiare in commissione al Senato.

La storia emerge dalla cronaca dell’AdnKronos. Il testo di legge che ancora dev’essere approvato – magari prima che gli anni dalla morte di Matteotti diventino 92 – è firmato da Andrea Marcucci (Pd) ed è ancora in discussione – estenuante, evidentemente – nella commissione di Palazzo Madama che lo stesso Marcucci presiede (Istruzione e Beni culturali). Gli altri firmatari sono il capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda e il viceministro e segretario del Psi Riccardo Nencini. Eppure, nonostante questa dote di incarichi (e peso) istituzionali, il testo è finito all’ordine del giorno della commissione per 14 volte nel giro di un anno senza mai essere stato diventato legge.

Così è passato il novantunesimo 10 giugno (giorno del rapimento e dell’assassinio di Matteotti) e le iniziative per commemorare il deputato socialista non ci sono ancora. Del resto sarebbe stato comunque tardi. L’iter parlamentare del ddl, infatti, è partito ben oltre il il 10 giugno 2014, quando sarebbe caduto il novantesimo: per l’esattezza il testo è stato incardinato il 14 ottobre 2014. Certo, qualcosa sia i firmatari del disegno di legge sia i commissari hanno fatto: hanno trasferito il provvedimento dalla sede referente a quella deliberante in modo da approvare tutto in commissione senza dover passare dall’Aula, dove altrimenti la legge avrebbe dovuto riguardare il centenario dal pestaggio mortale dei fascisti ai danni del parlamentare rodigino. Martedì prossimo, però, è convocata l’ennesima seduta, la 15esima, forse l’ultima.

Nel dettaglio il testo prevede un contributo di 150mila euro alla Fondazione Giacomo Matteotti ed un altro del medesimo importo alla Fondazione di studi storici Filippo Turati. Fondi che dovranno finanziare tre convegni: uno nazionale, “Matteotti e la storia d’Italia”; un altro, “Matteotti e il socialismo”, a carattere internazionale, ed un terzo a Fratta Polesine, città natale in provincia di Rovigo del deputato socialista, “Matteotti e il Polesine”. Nel programma di iniziative trovano posto anche la realizzazione di una serie di seminari per le scuole superiori sul tema “Matteotti a novanta anni dal delitto”, una mostra sull’omicidio, la realizzazione di un archivio virtuale attraverso la digitalizzazione di documenti originali e rari, il completamento della pubblicazione delle opere di Matteotti e la pubblicazione di una bibliografia ragionata dei suoi scritti. “Nella storia dell’antifascismo italiano – spiega Tocci all’AdnKronos – si collocano tante personalità di rilievo. La figura di Matteotti è sempre stata viva e il deputato socialista ucciso dal fascismo merita senz’altro di essere ricordato anche alle giovani generazioni quale martire della libertà della Nazione”.

Nel frattempo il titolo del disegno di legge è rimasto lo stesso – “Disposizioni per la commemorazione del novantesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti” – perché in effetti “Disposizioni per la commemorazione del novantunesimo anniversario” suonava peggio. E il senatore del Pd Walter Tocci, relatore della legge, ha anche inserito, almeno per essere sinceri, tre parole – “celebrato nel 2014” – specificando che le erogazioni per le iniziative culturali e didattiche – 300mila euro – siano promosse “per l’anno 2015”. E però il 2015 sta quasi diventando 2016.

Eppure il ddl sulle commemorazioni di Matteotti dovrebbe essere tutt’altro che “fuori dall’agenda”. La figura di Matteotti non è solo il simbolo solo dell’antifascismo che ha cercato di arginare la distruzione dello Stato liberale in forma pre-repubblicana. E’ anche il volto di chi ha combattuto contro il male italiano di tutti i tempi: la corruzione. A conferma che è carta straccia la vulgata secondo la quale il fascismo, sì, avrà pure tolto la libertà, ma era guidato da uomini tutti d’un pezzo, integerrimi, incorruttibili. Non era così.L’omicidio Matteotti, di cui fu mandante Benito Mussolini, servì per mettere a tacere le denunce sulle tangenti che Matteotti aveva già fatto, continuava a fare e aveva intenzione di fare ancora. Speculazioni edilizie, concessioni, appalti, dai casinò alle armi fino ai trasporti. Per non parlare dei conflitti d’interesse, come quelli di Costanzo Ciano, che non a caso a Livorno, la sua città, veniva chiamato Ganascia.

E in alcuni dossier di Matteotti il nome che compariva era quello di Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, suo consigliere, suo “risolutore”, spesso, come nel caso del figlio segreto del Duce, Albino, e della madre Ida Dalser. Tra i vari dossier di Matteotti pesava in quelle settimane di giugno del 1924 l’ombra dell’affare Sinclair Oil, la compagnia petrolifera statunitense che aveva ottenuto l’esclusiva per 90 anni per la ricerca e lo sfruttamento di tutti i giacimenti sul territorio italiano. Lo storico Mauro Canali (Il delitto Matteotti) indica tra i mediatori – oltre a esponenti del Partito nazionale fascista, del governo e del sottogoverno, anche un giornalista, Filippo Filippelli, “noleggiatore” dell’auto usata per il rapimento di Matteotti da parte di Amerigo Dumini e i suoi picchiatori e molto vicino ad Arnaldo Mussolini. Secondo Canali, Filippelli aveva ricevuto una prima mazzetta da un milione di lire. L’assegnazione della concessione agli americani fece irritare non poco Londra: a essere “sconfitta” nella corsa al petrolio italiano era proprio la compagnia di proprietà del governo inglese. E mentre i vertici dello Stato italiano trattavano con gli americani, Matteotti – come documentato da Canali – andò in Inghilterra. Lì acquisì documenti e informazioni, forse da fonti laburiste: nel 1924 a governare era infatti il Labour, che aveva stretto una collaborazione serrata con quello che allora si chiamava Partito socialista unitario.

Ma Matteotti non poté rendere pubblico ciò che aveva raccolto e questa è la parte nota della storia. Il 10 giugno 1924, poco prima di pronunciare il discorso con cui avrebbe puntato definitivamente il dito contro Mussolini a capo non di picchiatori beceri ma di un sistema infetto dalle tangenti, fu caricato su un’auto, picchiato, infine accoltellato a morte. Il suo corpo fu portato nella campagna romana e abbandonato: fu ritrovato solo dopo due mesi, ad agosto. A gennaio il Duce si sarebbe presentato la Camera per cambiare volto definitivamente all’Italia: “Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere”. Aveva dato il via, una volta per tutte, al regime totalitario.

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