C’è un tentativo di mediazione tra il governo e la minoranza Pd sull’elezione diretta del nuovo Senato. Dopo giorni di scontri a mezzo stampa, le due anime del partito provano a trovare una via d’uscita all’impasse sulla riforma costituzionale. Mentre il presidente Pietro Grasso ancora non si esprime sull’ammmissibilità degli emendamenti delle opposizioni (“La mia giacca è rinforzata, diffidate da chi anticipa le mie decisioni”), qualcosa si muove in casa Pd in vista della direzione di lunedì prossimo. Matteo Renzi dopo aver dimostrato che in Aula ha i numeri (anche se traballanti) per far andare avanti il provvedimento, sarebbe pronto a valutare modifiche delle parti del ddl che non sono state già approvate in doppia lettura conforme per evitare di perdere per strada una parte dei suoi. I segnali di pace sono cominciati sui giornali con i retroscena sulla nuova linea morbida del leader Pd. Il primo a rispondergli è stato Pier Luigi Bersani, l’ex segretario del partito e leader della minoranza: “Sarebbe davvero una buona cosa”, ha scritto su Facebook. “Bisogna che siano i cittadini-elettori a decidere e questo può essere affermato dentro l’art. 2. E’ su questo che si vuole ragionare, seppur chirurgicamente? Bene”. Dichiarazioni timide che hanno in realtà rivelato le tracce di un avvicinamento tra le parti che va avanti da alcune ore.

Il nodo della contesa resta l’elezione diretta dei senatori: non è prevista dalla riforma, ma la minoranza si batte perché venga inserita con un emendamento. La mediazione potrebbe essere quella di intervenire sul comma 5 dell’articolo 2, come confermato dai renziani, inserendo la possibilità per gli elettori di indicare, tra i rappresentanti locali, quelli destinati a occupare un seggio nel nuovo Senato. E’ la famosa strada del listino da presentare in occasione delle elezioni regionali: gli elettori avrebbero l’opportunità di indicare in precedenza chi vorrebbero mandare a Palazzo Madama. L’ipotesi è stata confermata anche dalla presidente della commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro: “E’ impossibile che il Pd, la più vasta e radicata comunità politica del Paese, non sia in grado di applicare al proprio dibattito interno il principio di razionalità politica e giungere a una decisione comune. Sono convinta che ci siano tutte le condizioni e la Direzione del Pd di lunedì è un passaggio importante”.

Intanto in Aula oggi è continuato lo scontro con le opposizioni. “La differenza? Durante la discussione i 5 Stelle non sono in Aula. Il presidente Giorgio Napolitano sì”, ha scritto su Twitter Francesco Russo. Dopo che il Movimento 5 Stelle solo ieri ha diffuso la foto con i trolley nel guardaroba di Palazzo Madama, segno che in molti parlamentari hanno saltato il dibattito, oggi il senatore democratico ha risposto pubblicando una foto dei banchi grillini vuoti. La seduta è stata aggiornata a martedì 22 settembre.

Così mentre i parlamentari tornano sul territorio, il Pd cerca di risolvere le questioni interne. “Le soluzioni sono tante”, ha commentato il capogruppo alla Camera Ettore Rosato, “l’importante è che ci sia la volontà di tenere fermo il principio che il Senato deve essere costruito con le istituzioni locali. Poi la nostra volontà di dialogo è sempre stata dimostrata nei fatti”. A questo proposito tra i primi interventi della mattina in Aula, c’è stato quello della senatrice Doris Lo Moro, rappresentante della minoranza Pd, che è tornata a parlare del nodo dell’emendabilità dell’articolo 2 e delle divisioni sempre più profonde che si continuano a registrare nel partito. “Io – ha detto – sono per un voto unitario del Partito democratico ma sono anche per soluzioni che siano ineccepibili. Lo rivendico da tecnico: non potrei mai votare una soluzione pasticciata che il giorno dopo dovrei difendere sul territorio”.

 

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