Senza alternative accessibili, la scuola diventa strumento di conciliazione vita-lavoro. Così, la possibilità di anticipare di un anno la scuola dell’infanzia, che ha un prezzo contenuto rispetto all’asilo nido, ha aumentato l’offerta di lavoro delle madri. I risultati di una recente ricerca.
di Francesca Carta e Lucia Rizzica* (Fonte: lavoce.info)

Servizi per l’infanzia e offerta di lavoro femminile

E’ iniziato un nuovo anno scolastico. Gli studenti trascorrono una parte rilevante della loro giornata a scuola, alleggerendo le responsabilità di cura dei genitori, soprattutto per i bambini più piccoli. In Italia, dove questi servizi sono costosi e non sempre si può fare affidamento sui nonni, la scuola può diventare uno strumento di conciliazione dei tempi di vita familiare e lavorativa.

I servizi per l’infanzia, di qualità e accessibili, sono tra i principali strumenti per la conciliazione. Nei paesi in cui sono maggiormente diffusi, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è più elevata (figura 1). Il nostro paese è fanalino di coda su entrambi i fronti: alla ridotta offerta di servizi pubblici (che copre solo il 13 per cento dei bambini a cui sono rivolti) corrisponde un tasso di occupazione femminile tra i più bassi di Europa (46,8 per cento). I servizi per l’infanzia, prevalentemente asili nido, sono tra l’altro molto costosi: il loro prezzo varia a livello comunale, con picchi superiori ai 300 euro mensili.

Figura 1 – Servizi per l’infanzia e offerta di lavoro delle madri

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Fonti: Oecd Family Database per il tasso di occupazione delle madri con figli minori di 3 anni; Eurostat per il tasso di utilizzo dei servizi per l’infanzia in Europa.

Questi elementi rendono difficile il rientro al lavoro delle madri: nel 2012 la percentuale di donne ancora inattive a due anni di distanza dalla nascita del figlio era pari al 22,4 per cento, contro il 18 per cento nel 2000. Si parla spesso di aumentare l’offerta pubblica di servizi per l’infanzia per sfruttare a pieno il potenziale dell’occupazione femminile: era un esplicito punto della legge delega n. 183/2014 (il Jobs Act), venuto però meno nel decreto attuativo in materia di conciliazione (decreto legislativo, n. 80), e ora compare nella recente legge delega n. 124/2015 sulla riforma della pubblica amministrazione.

Il caso dell’anticipo alla scuola dell’infanzia

In un recente lavoro mostriamo che la fornitura di servizi per l’infanzia a prezzo contenuto può avere effetti positivi e rilevanti sull’offerta di lavoro delle madri. Sfruttiamo la cosiddetta riforma Moratti del 2003 che ha introdotto in Italia l’anticipo alla scuola dell’infanzia: possono accedere tutti i bambini che compiono 3 anni tra gennaio e aprile dell’anno scolastico di riferimento (anziché entro il 31 dicembre). Per esempio, per l’anno scolastico 2015-2016 si sono potuti iscrivere al primo anno di scuola materna tutti i bambini nati entro il 30 aprile 2013, mentre prima della riforma Moratti avrebbero potuto farlo solo quelli nati entro il 31 dicembre 2012. L’istituto ha permesso alle famiglie di questi bambini di usufruire di un servizio sensibilmente meno costoso rispetto agli asili nido.

Poiché la ricerca di un’occupazione richiede tempo e sforzi, è legittimo ipotizzare che i servizi di cura siano necessari non solo per le madri occupate, ma anche per quelle in cerca di lavoro. Una riduzione del costo dei servizi permetterebbe dunque a un numero maggiore di donne di attivarsi nella ricerca e di lavorare. Tuttavia, poiché la possibilità di utilizzare la scuola dell’infanzia aumenta di fatto il reddito netto per le famiglie sia nel caso in cui la madre sia occupata che in cerca di occupazione, è possibile che alcune mamme disoccupate decidano di non accettare offerte di lavoro dai salari troppo bassi. Il livello di occupazione femminile finirebbe così col ridursi.

Dati, metodologia ed effetti

Utilizzando i dati della Rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat, abbiamo stimato gli effetti della possibilità di utilizzare gli anticipi alla scuola dell’infanzia sulle scelte lavorative delle madri.
La metodologia utilizzata consiste nel confrontare le scelte delle madri dei bambini nati appena prima del 30 aprile (la data limite per l’iscrizione anticipata alla scuola dell’infanzia) con quelle delle madri dei bambini nati appena dopo.

La figura 2 mostra i tassi di partecipazione e occupazione delle madri a seconda della data di nascita del figlio minore. L’asse orizzontale mostra le date di nascita dei bambini rispetto alla soglia per l’anticipo (la linea verticale). I bambini nati prima sono a destra, quelli nati dopo a sinistra. I due grafici mostrano che sia la partecipazione sia l’occupazione aumentano in maniera discontinua in corrispondenza della soglia, rispettivamente di circa 6 e 5 punti percentuali.

Figura 2 – Effetti dell’anticipo su partecipazione e occupazione delle madri

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Nota: Ogni punto rappresenta la media tra i bambini nati nell’arco di una settimana. I punti a destra del cutoff sono i bambini idonei per l’anticipo (nati entro il 30 aprile), i punti a sinistra sono i bambini non idonei (nati dopo il 30 aprile). I grafici sono basati su stime Local Linear regression con bandwidth di 60 giorni.

L’effetto sull’occupazione è dovuto non solo all’aumento del numero di donne che decidono di cercare lavoro, ma anche a un abbassamento di quasi 150 euro mensili il livello minimo di salario che le madri disoccupate devono ricevere per accettare un lavoro. La riduzione si è verificata solo per le madri di famiglie ad alto reddito, poiché sono quelle che hanno maggiormente beneficiato della riforma. Queste famiglie pagano per il nido rette ben più elevate di quelle per la scuola dell’infanzia, al contrario delle famiglie a basso reddito che beneficiano di sconti significativi.
Gli effetti sono più marcati nelle aree in cui il mercato del lavoro è maggiormente dinamico (nelle regioni del Nord), tra le donne con un grado di istruzione secondario e quelle sposate, tradizionalmente meno propense a partecipare al mercato del lavoro.

Implicazioni di welfare

La possibilità di anticipare l’ingresso alla scuola dell’infanzia ha permesso a un numero maggiore di donne di partecipare al mercato del lavoro. Tuttavia, gli effetti si sono concentrati solo su alcuni segmenti della popolazione, mentre per gli altri l’anticipo ha rappresentato un mero trasferimento di reddito. Per ampliarne gli effetti, sarebbe opportuno condizionare o modulare l’offerta di servizi per l’infanzia allo status occupazionale, favorendo sia le donne occupate sia quelle in cerca di lavoro. Ma i risvolti occupazionali determinati dall’anticipo potrebbero anche spingere le imprese a creare nidi aziendali, come benefit accessorio per i dipendenti al fine attrarre il potenziale femminile.

* Francesca Carta lavora nella Divisione Struttura economica e mercato del lavoro della Banca d’Italia dal 2013. Dopo la laurea in Discipline Economiche e Sociali presso l’Università Bocconi, ha conseguito il Ph.D. alla Toulouse School of Economics nel 2014. È membro del Dondena Gender Initiative dell’Università Bocconi. I suoi principali interessi di ricerca riguardano l’economia pubblica e del lavoro, la teoria dei contratti e l’economia di genere.
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Lucia Rizzica è ricercatrice presso il Servizio Struttura Economica della Banca d’Italia dal 2012. Ha conseguito la laurea in Discipline Economiche e Sociali presso l’Università Bocconi nel 2007 e il Ph.D. in Economics presso la University College London nel 2014. I suoi interessi di ricerca principali riguardano l’economia del lavoro, dell’istruzione e del crimine.
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