Migranti, ancora tensioni in Ungheria

Migranti, profughi, migranti economici, rifugiati. Il fenomeno al quale assistiamo è come un’onda anomala, incontrollabile, che parte dal Sud e dall’Est del Mediterraneo e si infrange sulle coste europee.

C’è chi sostiene la necessità di erigere muri e fili spinati, nascondendosi dietro allarmismi economici e fobie infondate. Chi, invece, si adopera per accogliere altri esseri umani. Le classi dirigenti, ovviamente verrebbe da dire, appaiono poco compatte sul tema. I cittadini, generalizzando, si dividono in due fazioni opposte.

Ma la realtà dei fatti qual è? Mettendo un attimo da parte l’irrinunciabile aspirazione nel dover “restare umani”, esistono altri motivi per convincerci ad accogliere l’altro? A quanto pare, sì.

Il progressivo invecchiamento mondiale – del quale l’Europa non riesce ad invertire la tendenza – avrà delle conseguenze catastrofiche sul nostro sistema-Paese. Basti pensare al sistema pensionistico. Studiosi ed analisti concordano che per uscire da questa delicata situazione vi siano solo due modi: diminuire il numero delle pensioni o aumentare il numero dei lavoratori contribuenti.

La prima soluzione, già in parte da noi sperimentata in Italia con l’aumento dell’età pensionabile, ha scatenato non poche polemiche. Un ulteriore taglio alle pensioni, così come un aumento dei contributi da versare in busta paga, comporterebbero inoltre un impatto recessivo sul funzionamento del sistema-Paese.

La seconda soluzione, quella che la Germania sta già attuando, consisterebbe, invece, nell’aumentare il numero dei cittadini contribuenti. Secondo il giornalista Leonid Bershidsky (Europe doesn’t have enough ImmigrantsBloombergView), l’Europa necessiterebbe di 42 milioni di nuovi cittadini entro il 2020 e di 250 milioni in più nel 2060 per garantire la sostenibilità del sistema pensionistico. La popolazione europea cresce in media di all’incirca l’1% annuo solo grazie ai flussi migratori provenienti da Asia e Africa. L’Italia, stando all’Eurostat, ha il tasso di natalità più basso in Europa. Senza i flussi migratori il tasso di crescita europeo sarebbe, quindi, senza alcun dubbio negativo.

Mettendo per un istante da parte i ragionamenti economici, vi è un aspetto importante su cui riflettere. Cosa ha da spartire l’Europa con gente come Orban, con i ragionamenti alla Salvini o con tutti quelli dalla memoria corta che hanno perduto il senso della storia? Come diceva Hansen, essi rappresentano l’eredità culturale e mentale della storia delle deportazioni di massa che distrusse una struttura sociale in Africa, finanziò la rivoluzione industriale in Europa e portò alla guerra civile in America (La costa degli schiavi, Thorkild Hansen).

La verità è che siamo di fronte ad una nemesi storica. Le masse di donne, uomini, bambini, vecchi che si riversano nella vecchia Europa sembrano volersi fare giustizia e vendicarsi di antiche ingiustizie sui discendenti o colpe di uomini e nazioni, come se si trattasse di un atto di giustizia compensativa.

Eppure, laddove non è riuscito il senso di giustizia e umanità, potrebbe, ma a questo punto dovrebbe, riuscire il vantaggio economico. Se non siamo riusciti ad accogliere l’altro in ragione di più nobili sentimenti, lasciamo che sia il Dio denaro a guidarci ed a capire che ogni pensiero isolazionistico è destinato a fallire. Se non per “restare umani”, quanto meno per restare vivi.

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