Per la prima volta la maggioranza dei giovani italiani, oltre il 61%, è pronta a emigrare all’estero per cercare lavoro. E nove su dieci sono convinti che ormai lasciare la Penisola sia una necessità. Le mete più ambite? Australia, Usa e Regno Unito. E’ il quadro che emerge dal Rapporto giovani sul tema “Mobilità per studio e lavoro”, presentato a Treviso durante il Festival della statistica e della demografia. L’indagine è basata su un panel di 1.000 giovani tra i 18 e i 32 anni e promossa dall’Istituto Giuseppe Toniolo, in collaborazione con l’Università Cattolica e con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo.

Il 70% degli intervistati ritiene che l’Italia offra alle nuove generazioni opportunità sensibilmente inferiori a quelle degli altri paesi sviluppati e che difficilmente il divario verrà colmato nei prossimi tre anni. L’83,4% è disposto a cambiare città stabilmente per trovare migliori possibilità di lavoro e di questi ben il 61,1% si dichiara disponibile a cercare lavoro all’estero.

Negli ultimi decenni l’Italia è diventata un paese di immigrazione, con una continua crescita della popolazione di cittadinanza straniera. Ma, al contempo, sottolinea il rapporto, è diventato anche sempre più evidente un flusso di uscita di giovani in cerca di un futuro migliore. Va anche considerato che nelle nuove generazioni è fortemente sentito l’aspetto positivo della mobilità, cioè fare nuove esperienze e confrontarsi con altre culture, indicato dal 74,8% degli intervistati.

I paesi che i giovani italiani considerano più attrattivi per un’esperienza di lavoro, non necessariamente definitiva, sono Australia, Usa e Regno Unito che insieme raccolgono oltre la metà delle risposte (il 54,8%). Segue la Germania, paese che presenta una disoccupazione giovanile particolarmente bassa, poi Canada, Francia, Austria, Svizzera e Belgio. Solo l’1,5% indica la Spagna, colpita negli ultimi anni da un’alta disoccupazione giovanile dovuta alla crisi.

“La migrazione italiana negli ultimi anni è decisamente cambiata. Non si tratta più di connazionali che prendono il treno un po’ spaesati e con al braccio valigie di cartone, ma di giovani dinamici, intraprendenti, affamati di nuove opportunità e con un tablet pieno di appunti su progetti e sogni da realizzare – commenta Alessandro Rosina, tra i curatori del Rapporto – Da un lato la generazione dei millennials considera del tutto naturale muoversi senza confini. Sono sempre più consapevoli che la mobilità internazionale è di per sé positiva, perché consente di aprirsi al mondo, conoscere diverse culture, arricchire il proprio bagaglio di esperienze, ampliare la rete di relazioni. Dall’altro lato il sempre più ampio divario tra condizioni lavorative delle nuove generazioni e possibilità di valorizzazione del capitale umano in Italia rispetto agli altri paesi avanzati e in maggiore crescita, porta sempre più giovani a lasciare il paese non solo per scelta ma anche per non rassegnarsi a rimanere a lungo disoccupati o a fare un lavoro sotto inquadrato e sottopagato”.

“I dati – conclude Rosina – restituiscono un quadro meno stereotipato rispetto a quello usualmente fornito nei mass media, schiacciato molto spesso sul tema della fuga dei laureati. La fuga è solo un aspetto del fenomeno, anche se è in effetti quello più problematico. E’ vero inoltre che i laureati tendono maggiormente ad espatriare rispetto a chi ha titoli più bassi, ma soprattutto perché hanno maggiori risorse e possibilità per farlo. La propensione ad andarsene, soprattutto se legata a difficoltà oggettive di trovare lavoro, è sentita in tutte le categorie e tutti i livelli di istruzione“.

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