eutanasia

L’iniziativa di disobbedienza civile “SOS eutanasia”, promossa da Marco Cappato, Mina Welby e Gustavo Fraticelli, dirigenti della Associazione Luca Coscioni, comincia ad avere riscontri significativi, tenendo conto della delicatezza del tema. Da marzo 2015, mese d’inizio dell’attività, sono state date informazioni a 54 persone presentatesi in forma non anonima. Nelle risposte, oltre a dare notizie sulla sospensione delle terapie in Italia, si forniscono informazioni sulle cliniche svizzere, solo a coloro che abbiano i requisiti previsti dalle leggi elvetiche, fermo restando che saranno poi le cliniche stesse a decidere sulla base di quella normativa.

Nel mese di agosto, in particolare, sono giunte 16 richieste di informazioni (più molte altre anonime). Dei 16 richiedenti, 10 sono donne e 6 uomini.

Calcolando anche le molte richieste di notizie prevenute in forma anonima, le cause prevalenti riguardano malattie degenerative (il 43%) o tumorali (28%), così come la comparsa dei primi segni di Alzheimer.

Il 60% delle richieste arriva dal Nord Italia, il 20% dal Centro o dal Sud.

Nello stesso mese di agosto ha superato le 100mila sottoscrizioni la proposta di legge di iniziativa popolare depositata il 13 settembre del 2013 dalla Associazione Luca Coscioni presso i due rami del Parlamento.

Malgrado il sollecito del Presidente Napolitano al Parlamento (18 marzo 2014) perché discuta di scelte di fine vita; malgrado l’impegno in questo senso del Presidente Boldrini e di molti autorevoli esponenti di Camera e Senato; malgrado i numerosi sondaggi sul favore degli italiani (70%) per l’eutanasia: sono trascorsi due anni dal deposito della legge e la sua calendarizzazione nei lavori della Camera è ancora di là da venire. In violazione dell’articolo 71 della Costituzione.

E questo alla fine di una estate che ha visto – oltre alla clamorosa e argomentatissima cover story di “Economist” a favore della eutanasia e la inattesa svolta di “Lancet” nello stesso senso – una serie di proposte di legge e di sentenze a sostegno della eutanasia o del suicidio assistito che fanno compiere un deciso passo avanti verso l’autodeterminazione nella scelte di fine vita ai paesi più lontani e disparati: dal Canada al Sud Africa, dalla California all’India, dall’Australia all’Argentina. Ed alle soglie di un autunno che vedrà i Parlamenti di due paesi comparabili con l’Italia, la Gran Bretagna e la Germania, discutere e votare leggi ampiamente condivise su eutanasia e suicidio assistito, dopo la decisione primaverile del Parlamento francese che ha fatto risolutivi passi avanti rispetto alla vigente legislazione sul “laisser mourir”.

Non a caso, il 16 settembre promuoveremo la nascita un “intergruppo” per eutanasia e testamento biologico cui parteciperanno parlamentari di diversi orientamenti politici, tutti intenzionati a far sì che anche l’Italia si doti finalmente di leggi di stampo europeo sulle scelte di fine vita.

Ritenendole, nella loro dolorosa umanità, più efficaci di ogni possibile argomentazione, sottopongo all’attenzione delle competenti autorità politiche, all’opinione pubblica ed ai troppi silenziosi “maitres à penser” alcune delle e mail pervenute a Sos Eutanasia.

1. Mia madre ha quasi 86 anni. La comparsa dell’Alzheimer risale a circa 5 anni fa. Ha un aneurisma all’aorta a limite dell’operabilità da circa 5 anni. Soffre di fibrillazione atriale da circa tre anni, fa prelievi settimanali per stabilire la terapia. Dal dicembre 2013, da quando si è rotta il femore ed è risultato impossibile operarla, è a letto con il catetere. Non riconosce più i familiari, si esprime con fonemi o parole raramente comprensibili. Per nutrirla va imboccata. Ultimamente ha piaghe da decubito nonostante creme atte a preservarla da tale problema.

2. Ho 43 anni e sono affetto da sclerosi multipla primaria progressiva da circa 15 anni, un terzo della mia vita. Vivo solo e mi arrangio in tutto, ma la patologia procede con costanza e vorrei avere la serenità  di poter decidere quando finire con dignità, senza dipendere dalla decisione di nessun altro.

3. Mia madre è affetta da una malattia degenerativa (una forma di mielopatia). Non è ancora gravemente invalida, ma è destinata a diventarlo (tetraplegica). Per questo mi ha chiesto di informarmi su cosa deve/può fare per manifestare la sua intenzione di ricorrere all’eutanasia nel caso sia ridotta all’invalidità totale e dove/come l’eutanasia può essere praticata.

4. Sono costretto su una sedia a rotelle a causa di una lesione infettiva a livello midollare che mi ha portato ad una tetraplegia. A questa si associano problemi collaterali tipo lesioni da decubito. Dal punto di vista familiare mi ritrovo solo. Questa è un tipo di vita che non voglio e non sono in grado di vivere. Per questo chiedo il vostro aiuto per arrivare a concludere il mio percorso di vita.

5. Sono giovane. Sana e robusta costituzione. Ho una vita davanti a me: una vita che semplicemente non mi va di vivere. Non riesco. Vorrei sapere perché la società preferisce lasciarmi morire da sola, magari con metodi violenti o dolorosi, in solitudine, quando potrei rendere dignitose altre vite, con la mia morte.  Vorrei lasciare questo mondo sapendo di aver fatto almeno una sola cosa giusta: ho bisogno di sapere se esistono Stati che permettano l’espianto di organi senza morte cerebrale avvenuta.

Lettere che aiutano a capire perché poi, in una sistema di leggi che puniscono con pene fino a 15 anni ogni forma di eutanasia, ogni anno 1.000 malati terminali siano costretti al suicidio, altri 1.000 lo tentino invano e 20mila medici coraggiosi e pietosi trovino solo nella eutanasia clandestina la “uscita di sicurezza” per i loro pazienti terminali.

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