Nei primi sette mesi dell’anno, sono aumentati i rapporti di lavoro in Italia: a certificarlo è l’Inps, che parla di 706mila nuovi contratti attivati da gennaio a luglio, al netto delle cessazioni. A dare il contributo maggiore a questo risultato sono i contratti a termine, che tra attivati e cessati arrivano a un saldo positivo di 514mila unità, contro le 139mila del tempo indeterminato. A queste cifre, vanno poi aggiunte le 388mila trasformazioni di contratti a termine e apprendistati in rapporti stabili. In sostanza, il tempo determinato resiste ancora, anche se le tutele crescenti stanno guadagnando sempre più terreno, soprattutto se si confrontano i dati con l’anno scorso.

Infatti, rispetto al 2014, salta all’occhio il balzo in avanti dei contratti a tempo indeterminato. Le attivazioni hanno segnato un +286mila rispetto al 2014 che ha fatto esultare su Twitter il premier Matteo Renzi: “Il #JobsAct ha prodotto 286mila stabilizzazioni dall’inizio del 2015. Più diritti e meno precariato, come promesso”. A dire la verità, finché sarà in vigore l’esonero contributivo per i contratti a tempo indeterminato, sarà ben difficile stabilire se questa crescita sia legata alla riforma del lavoro o ai generosi incentivi previsti dall’ultima legge di Stabilità. Incentivi che sono stati utilizzati per 787mila assunti, secondo l’Inps.

E la sfida al precariato sembra tutt’altro che vinta, se da gennaio sono stati attivati quasi oltre due milioni di contratti a termine, mentre i rapporti stabili si sono fermati poco sopra il milione. Ma lo scarto rispetto al 2014 rimane comunque evidente: la quota di assunzioni con rapporti stabili sul totale dei rapporti di lavoro, tra attivati e trasformati, è passata dal 32,8% dei primi sette mesi del 2014 al 40,2% dello stesso periodo del 2015. Un altro dato che emerge dalle cifre fornite dall’Inps è che le tutele crescenti continuano a “cannibalizzare” l’apprendistato, che registra un saldo negativo di 11mila contratti.

Registrano un boom, poi, i cosiddetti “voucher” destinati al pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio, che il presidente dell’Inps Tito Boeri aveva definito “nuova frontiera del precariato: nei primi sette mesi del 2015 ne sono stati venduti 61.933.279, con un incremento del 73% rispetto allo stesso periodo del 2014 con punte del 93,9% e dell’83,5% nelle isole e nelle regioni meridionali del Paese.

L’Inps fornisce anche una ricostruzione geografica dell’incremento delle assunzioni a tempo indeterminato tra 2014 e 2015. Le Regioni più virtuose sono Friuli Venezia Giulia (+85,3%), Umbria (+66,5%) e Marche (+55,4%). Al Sud, invece, si confermano le maggiori difficoltà, con i risultati di Sicilia (+11,2%), Puglia (+17,3%) e Calabria (+18,6%). L’istituto di previdenza registra poi un leggero aumento del lavoro full time rispetto al part time: i nuovi rapporti di lavoro a tempo pieno rappresentano il 63,1% del totale delle nuove assunzioni nei primi sette mesi del 2015, in aumento di 0,9 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2014.

Un capitolo a parte, infine, è l’andamento dei nuovi contratti in relazione alla pesantezza delle buste paga. Rispetto al 2014, il peso dei nuovi rapporti di lavoro con retribuzioni mensili inferiori a 1.000 euro diminuisce di 1 punto percentuale, passando dal 6,3% al 5,3%. Una diminuzione si riscontra anche nella fascia retributiva immediatamente superiore (1.001-1.250 euro), la cui incidenza passa dall’8,8% del 2014 all’8,1% del 2015. Risulta stabile (22,7%) il peso dei nuovi rapporti di lavoro con retribuzioni comprese nella fascia tra 1.251 e 1.500 euro, mentre aumenta dello 0,9% il numero dei rapporti che si collocano nella fascia retributiva da 1.501 a 1.750 euro; per le fasce superiori gli aumenti oscillano tra +0,3% e +0,1%, mentre si registra una lieve diminuzione soltanto per le fasce da 3.001 euro in su.

Articolo Precedente

Orario di lavoro, Corte Ue: ‘Tempo per andare da casa a primo cliente va contato’

next
Articolo Successivo

Pensioni, il Tar dà via libera agli aumenti di quelle ‘da fame’ dei precari

next