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La prescrizione all’italiana è troppo breve e quindi incompatibile con il diritto dell’Unione Europea in quanto comporta la non punibilità dei responsabili di reati e va per questo disapplicata nei processi in corso relativi a frodi Iva.

A stabilirlo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea che, chiamata a pronunciarsi sulla Causa C-105-14 (Taricco e altri) in merito compatibilità delle norme italiane con quelle europee dal Tribunale di Cuneo ha ricordato che il Trattato, il Regolamento 2988/95 e la direttiva 2006/112/Ce chiedono agli Stati membri di prevedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive per irregolarità commesse nel settore dell’Iva.

In causa l’ultimo comma dell’art. 160 del nostro codice penale che non arresta il decorso della prescrizione durante il procedimento, consentendo solo un prolungamento del termine di appena un quarto. Per accertare un reato fiscale sono quindi spesso necessarie lunghe e complesse indagini che comportano la disamina di migliaia di documenti.

La durata del procedimento rende quindi l’impunità in Italia non un caso raro ma la norma. L’art. 160 c.p. autorizza, seppure indirettamente, la concorrenza sleale da parte di operatori economici senza scrupoli con sede in Italia nei confronti di imprese estere.

Ciò è in contrasto con l’articolo 325 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue) per il quale gli Stati membri devono lottare, con misure dissuasive ed effettive, contro le attività illecite lesive degli interessi finanziari dell’Unione.

Qualora il giudice italiano dovesse ravvisare una violazione dell’articolo 325, egli sarà allora tenuto a garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione disapplicando le norme sulla prescrizione controverse. Infatti, l’articolo 325 Tfue ha per effetto, in base al principio del primato del diritto dell’Unione, di rendere inapplicabile, per il fatto stesso della sua entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale esistente.

Sanzioni “effettive, proporzionate e dissuasive” proprio come quelle richieste in materia ambientale dalla Direttiva europea 2008/99 sulla tutela penale dell’ambiente nei confronti delle persone condannate per reati ambientali che la prescrizione, anche qui, trasforma in impunità garantita come ci ricordano quotidianamente le cronache giudiziarie.

La prescrizione così come è disciplinata nell’ordinamento penale italiano è uno strumento giuridico unico per le modalità e i tempi con cui si applica che non ha eguali in nessun altro Paese europeo, favorendo l’impunità della stragrande maggioranza dei responsabili di reati, anche e soprattutto gravi compresi quelli di frode su fondi europei, Iva comunitaria, in materia ambientale e non solo. La particolarità della prescrizione “made in Italy” è rappresentata dal fatto che questa non si ferma al rinvio a giudizio del presunto colpevole ma continua obbligando i giudici a compiere una corsa contro il tempo che vince sempre la prescrizione (soprattutto quando si hanno difensori pagati per trovare cavilli e vizi con l’unico scopo di dilatare i tempi del procedimento).

Ora questa sentenza non da scampo ai furbetti italici colpendo uno strumento che in tutti questi anni è servito solo a garantire impunità.

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