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Privilegio fino ai secoli scorsi di pochi ricchi e nobili annoiati, il diritto alle ferie retribuite viene sancito nei contratti di lavoro nella prima metà del Novecento. Si riconosce al lavoro un effetto stressante da cui è giusto allontanarsi regolarmente.

Il boom economico e la diffusione dell’automobile e dei mezzi di trasporto mettono poi tutti in condizione di andare in vacanza.

La vacanza per come la vediamo oggi, è uno spazio di recupero di un tempo non scandito dall’esterno – da orari lavorativi o appuntamenti – ma regolato dall’interno – da propri ritmi e bisogni – uno spazio di recupero del tempo per le relazioni con il partner, con i figli, con gli amici, del tempo per riscoprire il piacere di una lettura o per ritrovare il contatto con la natura.

Si cerca di dare alle ferie una forma diversa da quella che assume il resto dell’anno.

L’idea più comune di vacanza prevede l’allontanamento dai luoghi consueti, la scelta di ambienti rilassanti o anche stimolanti, ma diversi dal contesto abituale per avere il senso netto  di fare qualcosa di diverso. Questa “forzatura”, incide in genere positivamente sulla mente che tende così a cambiare assetto disinnescando la giostra dei pensieri e degli schemi abituali, a favore di ritmi più pacati e personali.

Ma le vacanze possono avere effetti collaterali, rappresentare una ricarica effimera che si azzera con la loro fine. Possono rendere più difficile la ripresa della routine.

È’ un problema che nella maggior parte dei casi rientra velocemente alla ripresa degli impegni, a volte invece persiste e assume la forma di quella che oggi viene chiamata Post vacation syndrom o Holiday Blues o September Blues, con sintomi che vanno dalla tristezza e malinconia ai malesseri fisici.

È’ allora utile prendersi un altro momento, stavolta si riflessione, per comprendere il significato di questa reazione, per capire quali ne siano le reali origini, per esempio valutare se le attività quotidiane non siano magari troppo lontane dai propri tempi, dai propri bisogni e dai propri interessi e non assumano troppo una connotazione costrittiva e oppressiva più che di impegni utili al mantenimento e valutare quanto il tutto possa essere migliorato.

Domandiamoci anche se abbiamo delle questioni in sospeso: problemi da risolvere, decisioni da prendere, obiettivi mancati, dispiaceri o delusioni che in vacanza si ė riusciti a tenere in secondo piano e che si ripropongono al ritorno, così come sono stati lasciati.

La difficoltà a rientrare sarà proporzionale alle difficoltà economiche o sentimentali o di salute o di altra natura irrisolte, se durante le vacanze non saremo riusciti a costruire scenari di cambiamento.

Se ci sono problemi in sospeso o non ce ne sono, sembra comunque meglio ricavarsi momenti di pausa frequenti anche brevi durante l’anno, per mantenere o ripristinare il contatto con se stessi, dato che spesso il problema principale è  la mancanza di consapevolezza  di quanto certi avvenimenti o certe routine  stanchino o di quanto magari possano nascondere altro.

Forse possiamo dire che la vacanza fa male perché nello sperimentare scenari diversi si prende consapevolezza di quanto siano faticosi quelli abituali.

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