Si rifiuta di rilasciare le licenze licenze di matrimonio alle coppie gay “in nome di Dio”, dichiarando di voler applicare rigidamente i precetti della Bibbia alla sua vita. Ma è stata sposata quattro volte. Kim Davis, impiegata della contea di Rowan in Kentucky, nei due mesi successivi alla sentenza di giugno della Corte Suprema  – secondo cui le nozze sono un diritto garantito dalla Costituzione anche tra omosessuali –  non ha voluto rilasciare nemmeno una licenza. Quattro coppie – due gay e due etero – le hanno fatto causa, affermando che deve adempiere i suoi doveri, nonostante le personali convinzioni religiose.

L’ultimo caso pochi giorni fa: la donna ha negato i visti necessari per le nozze ad almeno due coppie, invocando il suo credo religioso. In un primo momento l’impiegata ha deciso di rimanere barricata nel suo ufficio con la porta chiusa e le persiane abbassate. Quindi è uscita, dicendo alle coppie e agli attivisti in attesa che l’ufficio continuava a negare le licenze in base “all’autorità di Dio”.

Il suo atteggiamento ha infiammato gli animi, soprattutto quelli di David Moore e David Ermold, una coppia da lei già respinta quattro volte. Davis ha chiesto loro di andarsene, ma i due hanno ribattuto: “Non ce ne andremo finché non avremo la licenza”. “Allora avrete davanti a voi una lunga giornata”, ha commentato la donna, scatenando le ire degli attivisti per i diritti omosessuali che hanno assistito alla scena.

Kim Davis, però, viene accusata di ipocrisia e di “applicazione selettiva” della Bibbia. I suoi matrimoni sono registrati in tribunale, così come i suoi divorzi: uno nel 1994, uno nel 2006 e uno nel 2008. La donna ha dato alla luce due gemelli dopo il primo divorzio, che sono stati cresciuti dal terzo marito ma adottati dal secondo.

Uno dei suoi rappresentanti legali ha fatto sapere di essere a conoscenza dei numerosi matrimoni della Davis, ma che non li ritiene rilevanti ai fini della questione: “Sono cose legate al passato“. Heather Weaver, un avvocato dell’Aclu (American Civil Liberties Union) che si sta occupando del caso, ha detto: “Non chiediamo che vada in prigione, nessuno vuole che vada in prigione. Vogliamo solo che faccia il suo lavoro e rispetti la legge”.

Qualche giorno fa l’avvocato di Davis ha fatto sapere che la sua assistita avrebbe “riflettuto e pregato tutta la notte sulla decisione da prendere”. Ma, malgrado la notte di riflessione, la donna non si è spostata di un millimetro dalla sua decisione originale, ribadendo per l’ennesima volta il suo invariato ritornello: la sua fede cristiana non le permette di approvare i matrimoni gay, ha paura di finire all’inferno.

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