È finita come con il Fasano, il Trani e il Liberty Bari. Anzi, peggio. Tra le curve delle squadre coinvolte nel calcioscommesse, spicca la storia del Brindisi e del suo presidente Antonio Flora, personaggio che in passato aveva sedotto e abbandonato altre squadre pugliesi. Questa volta la questione si è complicata dopo gli arresti eseguiti il 19 maggio nei confronti dell’imprenditore barese, di suo figlio Giorgio, del consulente di mercato Savino Daleno e del direttore generale Vito Morisco dopo l’indagine Dirty Soccer coordinata dalla Dda di Catanzaro. Il Brindisi Calcio, lo scorso anno in D e con un vecchio passato anche tra i cadetti, scomparirà. E la città rischia di rimanere senza una squadra iscritta ad alcun campionato. Anche fosse la Terza Categoria, ultimo gradino del calcio italiano.

Tutta colpa di come la questione è stata gestita dopo gli arresti di maggio con un filo rosso che collega Flora e i personaggi ambigui che si sono ritrovati le quote del club tra le mani, pur avendo questi smentito con forza i legami con l’ex presidente. E nonostante il tentativo di salvataggio in extremis da parte del numero uno della Figc Carlo Tavecchio, pronto a concedere un posto in Eccellenza anche se la condanna di secondo grado nel processo sportivo avesse messo nero su bianco l’esclusione del Brindisi dal campionato di Serie D. Un fatto che solitamente comporta la retrocessione di due categorie, quindi in Promozione.

Si era speso in prima persona il sindaco Cosimo Consales, provando a mediare per trovare “persone pulite” che si facessero garanti di un nuovo corso. Una storia prossima all’assurdo, che inizia negli scorsi mesi e finisce nella mattina di martedì con una mail inviata dal primo cittadino alla Figc: “Il sindaco ha preso atto delle difficoltà sopraggiunte nel trasferimento delle quote della società SSD Brindisi e quindi ha comunicato ufficialmente ai vertici della Federcalcio la rinuncia alla richiesta di partecipazione al campionato di Eccellenza”. Nel mezzo una miscellanea di intrecci e interessi tra nullatenenti, ultras e persone vicine a Flora. E un monte-debiti attorno ai 300mila euro come scoglio insuperabile. Tanto che ora il sindaco è molto chiaro: “La società è rimasta ostaggio di personaggi appartenenti o contigui al mondo ultras, le stesse facce che hanno difeso il presidente Flora – dice Consales a IlFattoQuotidiano.it – quando dissi chiaramente che non ero più disposto a sopportare le castronerie dell’ex proprietario”.

La lunga storia inizia poco settimane prima che la procura di Catanzaro scoperchi il marcio che regnava in LegaPro e Serie D. Flora cede le sue quote al direttore generale Vito Morisco, con cui i rapporti sono di ferro da almeno dieci anni e lo erano anche ai tempi del Fasano, quando il dirigente venne inibito per tre stagioni dopo un tentativo di combine. Poi arrivano gli arresti e, vista la gravità delle accuse, il destino del Brindisi appare segnato. Il salvataggio diventa una corsa contro il tempo. La parte sana del tifo si organizza nell’associazione Per Brindisi nel disperato tentativo di iscrivere la squadra tra i Dilettanti in attesa delle sentenze della giustizia sportiva. Viene raccolto il necessario per formalizzarla e nel frattempo i dipendenti della società annunciano di aver rilevato le quote da Morisco tramite un “loro fiduciario”.

Una cessione che avviene al prezzo simbolico di un euro e vede come nuovo proprietario di fatto Domenico Solazzo, un brindisino nullatenente, già noto alle forze dell’ordine per precedenti vicende legate allo spaccio di droga e che nel febbraio 2014 venne arrestato in flagranza dalla squadra mobile del capoluogo pugliese perché in possesso di un chilo di marijuana. Un ‘tifoso’, viene definito. Che non si sa come avrebbe potuto provvedere all’allestimento di una squadra. Il Brindisi rinuncia persino alla difesa davanti al tribunale sportivo e per trattare la cessione del club la delega viene data al responsabile del settore giovanile, Gilberto Niccoli.

Fatto sta che dopo trattative mai concluse con personaggi improbabili, si arriva al Consiglio federale di lunedì durante il quale si sarebbe dovuta decidere la categoria in cui inserire il Brindisi. “Mi è stato chiesto di cercare un compromesso con il presidente Tavecchio. Mi sono esposto in prima persona, ma hanno vinto i soliti personaggi, già conniventi con Flora, che continuano a muovere i fili anche adesso e hanno trascinato il Brindisi nel fango”, afferma Consales. Solazzo, infatti, nelle ore decisive avrebbe chiesto 3mila euro per cedere il pacchetto azionario così da coprire le spese che dice di aver sostenuto in questi mesi. “Un’estorsione”, l’hanno duramente definita molti tifosi brindisini sui forum. E anche quando l’associazione Per Brindisi si dice pronta a rilevarle comunque, Solazzo non si presenta dal notaio per firmare le carte.

Un gioco perverso ordito da chi? “A quel punto ho avvisato la Figc dell’impossibilità di iscrivere la società in Eccellenza. Avevo già detto mesi fa che bisognava ripulire l’ambiente da determinati personaggi ripartendo da zero. Ora però è quasi impossibile trovare qualcuno che in tempi rapidi possa mettere in moto una nuova società”, conclude Consales. Sotto il peso dei debiti – circa 300mila euro, di cui almeno 80mila verso ex tesserati che procederanno per vie legali – l’SSD Brindisi è destinata al fallimento e la Figc ha lasciato intendere che non c’è più spazio per le trattative poiché gli ex giocatori batteranno cassa e senza garanzie economiche c’è il concreto rischio di ritrovarsi con una squadra in meno a campionato in corso. Tutto inizia e finisce con Flora.

Sarebbe bastato guardare 60 chilometri più a nord, a Fasano, dove l’imprenditore barese aveva recitato la stessa commedia. Ora, reo-confesso, è in attesa della sentenza della giustizia sportiva dopo lo stralcio della sua posizione per un difetto di notifica. Ma viste le pesanti sanzioni comminate al figlio e ai suoi collaboratori, la condanna appare scontata. Magari tra cinque anni potrà comunque tornare in pista per poi fuggire di nuovo dopo una stagione. Lasciando dietro di sé debiti, macerie e un’altra città senza calcio.

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