Grande Roma, Juve non pervenuta. I giallorossi dominano per novanta minuti i campioni d’Italia all’Olimpico, e il 2-1 finale vale molto di quanto dica il punteggio risicato. Garcia ha ritrovato il suo vecchio gioco scoppiettante e nuove soluzioni che fanno della Roma la favorita per il titolo, almeno per una sera di fine agosto. Il gol di Dzeko, di testa su cross dal fondo, è l’inizio di una nuova era per una squadra che per anni ha patito l’assenza di un vero centravanti. La prestazione senza nerbo e senza idee dei bianconeri può essere il segno di un campionato diverso, rispetto a quelli senza storia delle ultime stagioni. Garcia ha comunque da riflettere: per sbloccare il punteggio è servita una prodezza da fermo di Pjanic, per salvarlo un miracolo a tempo scaduto di Szczesny. Ma il 2-1 sta anche stretto alla Roma, ed è un campanello d’allarme per Allegri.

La vittoria dei giallorossi serve pure ad evitare al campionato le prime polemiche arbitrali. Dopo i veleni dello scorso anno, Roma-Juventus è anche l’Olimpico che viene giù dopo 35 secondi quando Florenzi cade in area su cross di Iago Falqué. Lo sgambetto di Mandzukic è leggero ma netto, più che l’entità del tocco probabilmente è il tempo segnato dal cronometro ad influenzare la decisione di Rizzoli. L’episodio è il prologo alla gara, segnata dal ritmo e dal pressing della Roma: forsennati e tambureggianti, i giallorossi chiudono gli ospiti nella propria trequarti. Quando ancora Iago spara alto da buona posizione, Buffon non riesce neppure a battere con serenità la rimessa dal fondo. Segnali importanti, più del contropiede sprecato malamente da Florenzi. Con questo atteggiamento neppure la scelta di De Rossi al centro della difesa al posto di Castan non è un azzardo, anzi. Il dominio è assoluto, il vantaggio questione di tempo. Il palo sullo splendido destro a giro di Pjanic può solo rimandarlo alla ripresa.

È di nuovo la Roma di Garcia. Quella sorprendente del primo anno, dei terzini che spingono forte (positivo l’esordio di Digne), degli scambi veloci nello stretto. E non di quel giropalla prevedibile degli ultimi mesi. Di nuovo c’è la ricerca insistita del cross dal fondo, per sfruttare Dzeko, il bomber che cambia la fisionomia della squadra e che non può essere servito solo sui piedi. Serve tempo per passare dal “falso nueve” al nove per eccellenza, ma la strada è intrapresa in maniera convinta (altri 90 minuti di panchina per Totti, in quella che è sempre stata la sua partita). Ed è quella giusta, come si vedrà nel secondo tempo.

La Juve, invece, è involuta. E anche nervosa, come dimostrano un paio di brutte entrate di Chiellini o la protesta plateale di Pogba che rischia il rosso. Movimenti sbagliati, passaggi imprecisi. Nessuna intesa tra Mandzukic e Dybala, il centrocampo risente del passaggio da Pirlo-Vidal a Padoin-Sturaro. Non sembra la squadra campione d’Italia e finalista di Champions. E l’intervallo non cambia il copione. Alla Roma manca solo il guizzo risolutivo, che arriva su calcio piazzato al 60’: meraviglia di Pjanic, Buffon pietrificato, 1-0 più che meritato. Un mani di De Rossi al limite dell’area rischia di vanificare tutto, Rizzoli sceglie la punizione dal limite invece del rigore e per pochi centimetri ha ragione.

La Juve prova a scuotersi di nervi e con gli ingressi di Morata, Pereyra e Cuadrado. Poi l’espulsione di Evra e la testa di Dzeko sembrano chiudere i giochi. A dieci dalla fine, sotto di due gol e di un uomo, i padroni di casa potrebbero dilagare e gli ospiti perdere la testa. A sorpresa, invece, Dybala accorcia in contropiede su una bella percussione di Pereyra. La Roma trema su un colpo di Bonucci su angolo, nel finale si rivede almeno il carattere della vera Juve, ma è tardi per rimettere in discussione una partita mai in bilico. Allegri deve ripartire da qui. Al 30 di agosto il campionato in fondo deve ancora iniziare. Ma per la squadra campione d’Italia comincerà con l’handicap di due partite perse. E la consapevolezza, forse, di avere una rivale all’altezza.

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