Ad oggi sono oltre 2.300 i bambini, le donne e gli uomini morti nel mare Mediterraneo nel tentativo di arrivare in Europa. Nel 2014 ne sono morti 1.779. Mancano 4 mesi alla fine dell’anno e già abbiamo superato i numeri dell’anno precedente. Lo dice l’Oim (Organizzazione internazionale migrazioni) definendo il Canale di Sicilia “la rotta più mortale al mondo”.

Sono bambini, uomini e donne.

L’articolo 13 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo dice che: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese”.

Avere gli stessi diritti umani significa avere la stessa dignità di sognare, e di cercare le migliori condizioni di vita ove esse si trovino. Andare alla ricerca di un futuro in cui i sentimenti e le relazioni umane possano compensare la fatica dell’esistenza. Con la possibilità di “essere qualcuno per qualcuno”. Per troppi italiani sembra che gli esseri umani che lasciano il loro paese siano nessuno. L’assenza è il vuoto. Paura atavica dell’esistere. Che il codardo scaglia sul più debole. Come Pinocchio che scansa i problemi cercando solo il piacere per sé. Diventerà ragazzino (uomo) una volta capace di sentimento.

Dare dei razzisti ai Têtes de Bois per avere evidenziato, a Ventimiglia, una condizione altra rispetto ai diritti umani è una fenomenologia che non contempla più una possibilità di vita simile alla propria per altri esseri umani. Che esclude la pietà per dei sopravvissuti alla morte. Che il contesto di vita vorrebbe più simili a rifiuti che a bambini, donne e uomini. Prendersela con il più debole e con chi difende i diritti umani è il trionfo di un sentimento di grandiosità patologica. A Ventimiglia troppi italiani sono incapaci di vedere altri uomini con gli stessi diritti. Come Narciso, vedono solo la loro faccia…nel mare. Un volto sempre più orrendo perché incapace di vedere altro da sé. Je suis Têtes de Bois!

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