E’ cominciato oggi in un albergo romano il processo della giustizia sportiva nei confronti del Calcio Catania, del suo ex presidente Antonio Pulvirenti e dell’ex ad Pablo Gustavo Cosentino (oltre al dirigente Piero Di Luzio e al procuratore Fernando Antonio Arbotti, mentre è stata stralciata la posizione dell’ex ds Daniele Delli Carri che sarà giudicato in altra sede), che si concluderà presumibilmente giovedì con una sentenza che porterà alla retrocessione del Catania in Lega Pro. A salire in Serie B sarà a questo punto l’Entella Chiavari.

L’accusa, portata avanti dal procuratore federale Stefano Palazzi, considerando fattiva la collaborazione di Pulvirenti ai sensi dell’art. 24 del Codice di Giustizia Sportiva, ha infatti richiesto una semplice inibizione di 5 anni per ex presidente e ad, e la retrocessione in Lega Pro del Catania con una ulteriore penalizzazione di 5 punti. Contro questo patteggiamento annunciato – e giocato in punta di diritto, l’art. 23 lo impedisce nel caso di illecito – si era già scagliato il presidente della Lega di Serie B Andrea Abodi, auspicando “nessuno sconto e una pena radicale”. Ma così non è stato, la capacità del calcio di autoassolversi tiene ancora una volta.

“Non ho nessun imbarazzo ad ammettere che m’indignerebbe l’idea che una società responsabile di illeciti sportivi gravi e conclamati (…) sia ammessa a disputare un campionato professionistico nella categoria in cui sarebbe probabilmente retrocessa se non avesse rubato punti alle avversarie – aveva detto Abodi. Stessa indignazione se si decidesse di allontanare dal calcio solo temporaneamente i protagonisti di questa frode”. E l’indignazione deve essere montata subito se per Pulvirenti e Cosentino è stata infatti richiesta l’inibizione a presenziare alle manifestazioni sportive per 5 anni piuttosto che la radiazione. E per la squadra la retrocessione di una sola categoria. Tutto questo perché il procuratore Stefano Palazzi ha ritenuto fattiva la collaborazione offerta da Pulvirenti nelle oltre sei ore di interrogatorio.

In un primo momento l’ex presidente del Catania aveva negato ogni addebito e coinvolgimento quando l’inchiesta – denominata “I Treni del gol” perché nelle intercettazioni calciatori e risultati diventavano ipotetici orari di treni in partenza – condotta dal procuratore di Catania Giovanni Salvi aveva scoperto che il Catania si era comprato almeno sei partite: Catania-Avellino 1-0 del 29marzo, Varese-Catania 0-3 del 2 aprile, Catania-Trapani 4-1 dell’11 aprile, Latina-Catania 1-2 del 19 aprile, Catania-Ternana 2-0 del 24 aprile e Catania-Livorno 1-1 del 2 maggio.

Poi Pulvirenti – una scalata al successo cominciata con ipermercati e alberghi e passata anche attraverso la creazione e il fallimento della compagnia aerea low cost Wind Jet – una volta arrestato aveva deciso di collaborare, ammettendo nelle sei ore di interrogatorio di avere comprato cinque partite a un costo di 100mila euro l’una. Curioso che l’inchiesta sia nata proprio da una denuncia di Pulvirenti che si sentiva minacciato da alcuni tifosi: mettendo il suo telefono sotto controllo la Procura ha poi scoperchiato un giro di compravendita di partite che ha coinvolto mezza Serie B e che – le indagini proseguono – potrebbe avere interessato anche un giro di scommesse. La collaborazione del massimo dirigente del Catania ha però fatto sì che il club possa evitere la retrocessione tra i dilettanti e finisca dove avrebbe dovuto essere se non si fosse comprato le partite, ovvero in lega Pro. Giovedì il collegio presieduto da Sergio Artico emetterà la sentenza. E nel frattempo si analizzeranno anche i casi di Teramo (Serie B), Savona, Torres e Vigor Lamezia (Lega Pro) e Brindisi (Serie D). Questo lo stato del calcio nell’estate 2015, dieci anni dopo Calciopoli.

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