Sette location e ventisei mostre fotografiche. Ecco come si presenta sulla carta il festival Cortona On The Move che, raggiunto il traguardo dei cinque anni, rinnova la sua proposta chiamando a sé fotografi di calibro internazionale e promettenti ‘nuove leve’, introducendo inedite location, il tutto mantenendo il suo target e i fedelissimi seguaci conquistati in questi anni.

Una manifestazione che indaga il viaggio in tutte le sue declinazioni e che comunque fa, di quel ‘on the move‘, il soggetto predominante di ogni esplorazione. Ecco allora che le mostre più interessanti di quest’anno (open fino al 27 settembre) sono quelle che si muovono alla scoperta di mondi interiori, sociali, contrasti; viaggi nel passato e nel presente, che incantano, ci disilludono, ci fanno prendere contatto con la realtà o prendere le distanze da certe situazioni. Un po’ come accade con la collettiva dedicata al mondo della Russia presentata in via Ruga Piana 60 che, all’interno di un vecchio condominio a più piani, presenta una delle più interessanti esposizioni di questa edizione 2015. Qui, tra cornici e archi, superando pianerottoli rovinati di vecchi appartamenti datati, trovano spazio Weather Man di Eugenia Arbugaeva, viaggio romantico nell’Oceano Artico su una nave rompighiaccio, The Mari di Tatiana Plotnikova sugli ultimi riti pagani europei, Pastoral e In the cold rispettivamente di Alexander Gronsky e Ksenia Diodorova, indagine sul paesaggio la prima e sulle famiglie separate dal processo di migrazione la seconda. Quattro sguardi per vedere la Russia da diverse angolazioni, tra fiaba e contemporaneità.

La Russia torna anche nel percorso Off (in mostra all’ex Ospedale), un percorso che indubbiamente, anno dopo anno, cresce di qualità e che presenta lavori di tutto rispetto come il viaggio di Bizet Didier A Route of Melancholy da Mosca agli Urali o il progetto di Ryan Spencer Reed, Despite similarities to Reality, sulle storie dei soldati del 506esimo reggimento di paracadutismo degli Stati Uniti in guerra. Dalla guerra che ci toglie la vita alla violenza della natura che ci priva delle nostre cose e dei nostri ricordi come mostra Chaskielberg (all’ex magazzino delle carni) coi suoi scatti dedicati ad Otsuchi, città di pescatori nel distretto di Iwate (Giappone) colpita dallo tsunami del 2011, in cui si possono vedere, in quadretti famigliari, le fotografie disperse a causa dell’inondazione e che il fotografo ha raccolto nel suo viaggio.

Ed è ancora viaggio, questa volta di denuncia, sui luoghi della tratta italiana delle donne di Benin City, prigioniere delle strade italiane, con Pipeline di Elena Perlino mentre Thema Salvans, sullo stesso tema, dedica l’attenzione alle strade in cui si consuma la prostituzione spagnola. Viaggio come confine e prigionia si ritrova poi nel progetto di Kai Wiedenhoefer che, in Cofrontier indaga le barriere, le mura che separano popoli e ideologie sociali e politiche mentre a spezzare queste barriere ci pensa Mattia Insolera che, per realizzare il suo 6th Continent, ha viaggiato per anni nel Mediterraneo cercando di ricostruirne l’identità, puntando la macchina fotografica sulla gente che vede ancora nel mare una risorsa, una zona di scambio e di cultura.

Un mare diverso, che inghiotte e distrugge, ritorna poi negli scatti in bianco e nero di James Toledano che, con Black Tsunami, racconta, con il suo stile cupo, il Giappone che reagisce il giorno dopo la catastrofe del 2011. Cupo è anche il lavoro di Giovanni Troilo, La Ville Noire, che mostra il collasso della produzione industriale, la disoccupazione, la microcriminalità in una cittadina nei pressi di Bruxelles; riflesso di ciò che sta accadendo in molte altre città europee. Al collasso anche la vita di Phillip Toledano che, dopo la scomparsa dei genitori, ha guardato il futuro da un’altra prospettiva realizzando un viaggio introspettivo, Maybe, per cercare di darsi risposte sul futuro, immedesimandosi in vite parallele e in personaggi che sarebbe potuto diventare, giocando con le casistiche e le probabilità.

Ma non è ancora finita, mancano ancora due progetti all’appello: quello dedicato ai ricordi, di Carla Kogelman, che racconta la vita di due ragazzine, sorelle di 7 e 9 anni, che le riportano in mente la sua infanzia e il viaggio nel passato cinematografico, nel West, con Dreaming Leone di Alvaro Deprit e Michela Palermo alla Fortezza di Girifalco, dove hanno quasi realizzato un set da film western. Varcando la porta del saloon, si entra nel mondo ‘finto’ di Tabernas, in Almeria, in cui sono stati girati i film più famosi del genere. Per un viaggio che (almeno con la fantasia) sembra non finire mai.

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