L’uomo sul quale si reggeva tutto il sistema di gestione degli appalti sull’emergenza immigrati sta cominciando a parlare. Luca Odevaine, ex membro del Tavolo di coordinamento nazionale sull’immigrazione e pedina fondamentale del sistema scoperto con l’inchiesta su Mafia Capitale, starebbe parlando dell’appalto da 100 milioni per il Cara di Mineo. Lo scrive Il Messaggero. Trasferito dal carcere di Torino in un penitenziario di massima sicurezza dell’Italia centrale, l’ex capo di gabinetto di Walter Veltroni sta raccontando particolari relativi all’assegnazione sia con i magistrati di Roma che con quelli di Catania, che ha iscritto nel registro degli indagati nell’inchiesta sulla gestione del centro assistenza più grande d’Europa sei persone, tra cui lo stesso Odevaine e il sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione. I verbali sono stati secretati.

Odevaine parla del Cara di Mineo in un’intercettazione datata 21 marzo 2014 con il suo commercialista: inviato a Mineo da Franco Gabrielli per “fare la gara“, racconta del proprio incontro con il sottosegretario in un’intercettazione captata negli uffici della Fondazione Integra/Azione: “Praticamente venne nominato sub-commissario … eh del commissario Gabrielli … il Presidente della Provincia di Catania … che era anche Presidente dell’UPI … Giuseppe Castiglione … il quale … quando io ero andato giù … mi è venuto a prendere lui all’aeroporto … mi ha portato a pranzo … arriviamo al tavolo … c’era pure un’altra sedia vuota … dico eh “chi?” … e praticamente arrivai a capì che quello che veniva a pranzo con noi era quello che avrebbe dovuto vincere la gara”.

E Odevaine, che sedeva nella commissione incaricata di scegliere i nuovi gestori del centro richiedenti asilo, la gara la “fa”. Il 25 giugno 2014 viene infatti bandita la nuova gara d’appalto da quasi 100 milioni di euro per tre anni: a vincerla la stessa associazione temporanea d’imprese che aveva gestito il Cara negli ultimi tre anni. Cambia solo il capogruppo: al posto della Sisifo arriva il Consorzio Casa della Solidarietà. Per il resto i gestori del centro rimangono una cordata a larghe intese: c’è la Cascina Global Service, vicina a Comunione e Liberazione, che a sentire alcune intercettazioni agli atti dell’inchiesta romana, girava ad Odevaine somme di denaro. “Loro mi davano su Mineo 10 mila euro al mese come, diciamo così, contributo” dice il diretto interessato, mentre le cimici del Ros registrano le sue parole.

Il 23 giugno il prefetto di Catania, Maria Guia Federico, ha commissariato il Cara dopo la richiesta avanzata dal presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone, che da mesi segnalava al ministero irregolarità nell’assegnazione dell’appalto. Già nel febbraio del 2015 Cantone aveva giudicato l’appalto “illegittimo”, ma Giovanni Ferrera, direttore generale del Consorzio Calatino Terra di Accoglienza (ente attuatore del Cara), aveva bollato il parere di Cantone come “non vincolante”. Cantone a quel punto scriveva direttamente al ministro Angelino Alfano: una lettera datata 27 maggio, che però, come raccontato dal Fatto Quotidiano, non aveva ottenuto risposta alcuna.

Anzi. Il 25 marzo davanti ai parlamentari del Comitato Schengen il prefetto Mario Morcone aveva difeso l’operato di chi gestisce il centro: “Ho qualche dubbio sulla decisione del presidente Cantone. (…) A noi hanno detto sempre che il general contractor (come quello scelto da Odevaine e compagni per il Cara di Mineo, ndr) era la soluzione e che si risparmiava e ora improvvisamente per un contratto del 2013 si è stabilito che è stata impedita la partecipazione alle piccole e medie imprese. A certe situazioni bisogna fare attenzione, perché ci sono sicuramente aspetti di opacità, ma anche tanta gente per bene”, concludeva il prefetto.

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