Ai Weiwei non ha specificato di aver subito una “condanna criminale” nella richiesta di visto di sei mesi per l’Inghilterra e così l’Ambasciata britannica a Pechino ha deciso di concedere solo un visto di venti giorni. L’artista, designer e attivista per i diritti umani è stato tenuto recluso per 81 giorni in una località segreta, per opposizione al regime di Pechino nel 2001. Vicenda seguita da tutto il panorama artistico internazionale. La Tate Gallery di Londra durante il periodo di detenzione dell’artista lanciò una petizione che venne firmata da migliaia di persone. In suo appoggio anche esperti di diritto cinese ed internazionale che hanno dichiarato”illegale” la detenzione dell’artista secondo le stesse leggi della Repubblica Popolare. Nel 2012 l’artista aveva denunciato l’ufficio delle imposte cinesi che lo aveva sanzionato con una multa da 1.7 milioni di euro.

L’artista, in perfetto stile social, ha pubblicato sul suo profilo Instagram la lettera a firma dell’entry clearing manager dell’Ambasciata, dove si legge chiaramente: “E’ di pubblico dominio il fatto che lei è stato condannato in passato per attività criminali in Cina, e lei non l’ha dichiarato”. Ai Weiwei ha spiegato in un altro post di non essere stato ascoltato dall’Ambasciata nei suoi ripetuti tentativi di chiarire l’equivoco. Recentemente era tornato in possesso del suo passaporto, sequestrato nel 2011. Una mostra di opere di Ai Weiwei si terrà in settembre alla Royal Academy of Arts di Londra.

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