Le disavventure poco edificanti di lord Sewel, il membro della Camera alta inglese al centro di una scandalo a base di sesso e droga, hanno scatenato sulla stampa britannica una corsa a chi si occupa di più, e più approfonditamente, delle storie scabrose che riguardano i politici di Sua Maestà.

Il Telegraph, ad esempio, racconta i dati pubblicati dalla Taxpayers’ Alliance (associazione dei contribuenti), secondo cui lo scorso anno ci sono stati 250mila tentativi di accesso a siti porno dall’interno del Parlamento inglese. Il mese più “pruriginoso” è stato aprile con 42mila visite: evidentemente l’esplosione della primavera ha ringalluzzito i solitamente grigi membri del parlamento inglese. Più di mille visite al giorno, che qualcuno tenta di spiegare con virus, malware e popup indesiderati che infesterebbero i sistemi informatici di Westminster. Ma è lo stesso rappresentante della Taxpayers’ Alliance, Jonathan Isaby, ad ammettere che una piccola parte di questi dati potrebbero derivare effettivamente da roba del genere, anche se “i dati restano sconcertanti”. E la conclusione del ragionamento di Isaby è molto british: “Potrebbero limitare queste attività tra le quattro mura della loro casa”. Si fa, ma non si dice.

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