E’ stata da sempre avvolta dal mistero la figura del mullah Omar. La guida spirituale dei talebani dell’Afghanistan nel 2002 si rese protagonista di una fuga in sella a una motocicletta, scappando così dall’assedio di Baghran e sfuggendo così alla cattura.

Nel maggio del 2011 fonti dei servizi segreti afghani avevano già annunciato la sua uccisione mentre da Quetta, in Pakistan, si stava dirigendo nel distretto tribale del Waziristan. Più volte negli anni sono circolate voci e notizie, puntualmente smentite, sull’uccisione o la cattura del mullah Omar, che sarebbe nato negli anni Sessanta. Nel luglio 2010 aveva fatto discutere un post inserito sul blog Usa ‘Biggovernment’, in cui si sosteneva che il mullah Omar fosse stato catturato dalle forze di sicurezza pakistane nel marzo di quell’anno a Karachi, proprio nel mese in cui era stato arrestato il suo numero due, il mullah Abdul Ghani Baradar.

Il mullah Omar è da anni in cima alla ‘lista nera’ del terrorismo mondiale con una taglia da 10 milioni di dollari del Dipartimento di Stato Usa. L’’Amir ul Momineen’ (‘Comandante dei Fedeli’, carica assunta da Omar dopo la presa di Kabul nel 1996), secondo Washington durante gli anni al potere fornì protezione e assistenza ai leader di al-Qaeda, in particolare a Osama bin Laden, che in Afghanistan avevano le loro basi operative e i loro covi. Questi elementi convinsero gli Usa della necessità di intervenire militarmente contro i talebani dopo l’11 settembre per estirpare alla radice il regime del mullah, considerato alla stregua di un movimento terroristico.

Poche sono le notizie che si conoscono sulla sua vita privata e pochissime sono state le sue apparizioni in pubblico e quindi le immagini che lo ritraggono. L’unico particolare emerso è che negli anni ’80 l’allora mujahedin Omar perse la vista all’occhio destro durante la guerra con i russi in Afghanistan.

Per il resto la figura di Omar è enigmatica. Durante i cinque anni di governo talebano, Omar guidò il Paese dalla sua ‘casa-rifugio’ di Kandahar dove viveva praticamente recluso e senza contatti con l’esterno. Tra i pochi che avevano il ‘privilegi’ di rivolgergli la parola c’era l’ex ministro degli Esteri talebano Wakil Ahmad Muttawakil, fedele portavoce del mullah.

In Occidente il mullah Omar è associato a una delle pagine più buie della storia dei diritti umani. La visione politica impregnata di fanatismo religioso e l’interpretazione oscurantista della sharia che ne ispirò l’azione di governo fecero piombare l’Afghanistan dal 1996 al 2001 in uno dei periodi peggiori della sua storia. Tra i provvedimenti decisi dal mullah quelli che più fecero scalpore furono l’obbligo per le donne di indossare il burqa e il divieto di ricevere un’istruzione, lavorare e uscire in pubblico senza essere accompagnate da loro parenti di sesso maschile.

Durante l’era talebana i colpevoli di adulterio venivano lapidati in pubblico, ai ladri venivano amputati gli arti e la musica e il cinema erano banditi. Tra i crimini più odiosi commessi dal mullah Omar durante la sua dittatura, oltre alle innumerevoli condanne a morte inflitte contro coloro che abiuravano l’Islam, si ricorda la decisione di distruggere con la dinamite i celebri buddha di Bamyan, considerati dai talebani simboli pagani, ma un tempo emblema dell’apertura religiosa dell’Afghanistan.

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