Mancano al Sud, in questo momento storico, degli interlocutori autorevoli a livello politico su cui, decenni addietro, pur si poteva fare affidamento. Molto lunghe sono le ombre lasciate sulla nostra storia da personaggi del calibro di Aldo Moro, Luigi Sturzo, Gaetano Salvemini e Francesco Saverio Nitti. I problemi del Sud non può risolverli il Sud, in solitudine. Li si risolve insieme, in un contesto nazionale. O, non si illuda nessuno, il paese affonda tutto. Occorre, oggi più che mai, quella capacità critica di rielaborazione che consenta di non lasciarsi trascinare dalla vulgata del pensiero d’area, elevandosi a dire la propria, con il coraggio di essere controcorrente. Senza limitarsi a leggere nella politica il piccolo cabotaggio della mera gestione del consenso.

sud-libroPer fortuna, non mancano importanti esponenti accademici in grado di rompere il muro di qualunquismo che domina ormai da decenni il panorama economico e politico nazionale, soprattutto con riferimento al dibattito sulla questione meridionale, che oserei definire consustanziale alla storia unitaria. Tra questi importanti riferimenti, per chiunque non voglia fermarsi alla superficialità delle apparenze, troviamo il professor Gianfranco Viesti, autore di numerosi studi sulle dinamiche economiche del meridione d’Italia.

In un efficacissimo pamphlet, intitolato ‘Il Sud vive sulle spalle dell’Italia che produce? Falso!‘, edito da Laterza, il docente universitario barese, ordinario di economia applicata, riesce a smontare sapientemente il niagara di luoghi comuni che riguardano il Sud e il suo rapporto con la parte più ricca del paese. Con inevitabili ripercussioni su certe concrezioni consolidate su cui lucrano tanti piccoli abitanti dello scenario politico.

Premessa indispensabile a qualsiasi dialogo risolutivo è lo sgombero del campo da quelle perniciose sovrastrutture che inquinano una corretta e distaccata analisi dei problemi. Ciò, ben prima di articolare qualunque diagnosi.

In undici capitoli vengono aggrediti, con coraggio, altrettanti luoghi comuni. Per provare a smontare, colpo dopo colpo, quello che Viesti definisce il “teorema meridionale”, quel comodo surrogato di verità che consente agli italiani e ai loro rappresentanti di non interrogarsi sui problemi di fondo del paese. Lo scopo del libro è quello di smontare le strutture portanti di tale teorema per giungere a suscitare discussioni per risolvere criticamente il problemi del paese.
Cito qualche passaggio, lasciando al lettore la voglia di approfondire la lettura, sicuramente utile e arricchente. Non è possibile discutere qui con esaustività i contenuti del libro, caratterizzato da estrema leggibilità e intelligibilità delle tesi presentate. Quello sulla spesa pro capite, anzitutto: «La spesa pro capite per lo sviluppo è da tempo inferiore proprio nel Mezzogiorno. […] Certo che ci sono i fondi europei: ma non sono ormai che parzialmente sostitutivi di spesa nazionale che non c’è più; al Sud ormai il poco che si fa è tutto finanziato dall’Europa; le risorse – ben più cospicue – del bilancio nazionale vanno principalmente nel resto del paese. Sui residui di queste politiche è passato da ultimo come un bulldozer Giulio Tremonti».

«La Costituzione postula quindi il principio che l’azione pubblica abbia anche una funzione redistributiva fra i cittadini: i più ricchi contribuiscono di più finanziando anche in parte il costo dell’istruzione, della sanità, dell’assistenza per i più poveri».

Un utile richiamo al discorso sul residuo fiscale, spesso citato per giustificare alcune discutibili politiche di spesa nazionale.

«I cittadini del Nord trasferiscono ai cittadini del resto del paese (non solo del Sud, ma anche di alcune regioni del Centro) un residuo fiscale notevole, di circa 55 miliardi. […] Il trasferimento fra regioni è dello stesso ordine di grandezza di quello che si verifica in Spagna; inferiore a quello che si determina in Germania. Che ne fanno i cittadini del Sud di questo trasferimento? Comprano beni e servizi dal Nord. Il Sud importa dall’esterno (al netto di quanto esporta) beni e servizi per oltre 70 miliardi, una cifra superiore a quella dei trasferimenti».

E poi, una tesi importante del professore barese, che cito di seguito: «Proprio per il diverso livello di sviluppo delle regioni, infatti, un euro di investimenti al Sud crea un effetto significativo al Nord: perché le sue imprese vincono gli appalti, forniscono materiali e macchinari. Non avviene il contrario: un euro speso al Nord non crea effetti positivi al Sud».

Quindi, per quanto possa sembrare paradossale, l’unico «effetto locomotiva» lo può creare proprio lo sviluppo delle regioni più deboli.

Un danno gravissimo al Sud e alla coesione nazionale è stato inferto da coloro che, invece, hanno preferito stringere patti diabolici con le mafie del Sud e hanno sotterrato monnezza e verità nel sottosuolo del meridione. Mi auguro che sempre più gente del Nord conosca e ami questa terra e ci aiuti a liberarla dal cancro dei luoghi comuni che farà sempre della questione meridionale un terreno fertile su cui fare attecchire le cattive erbacce nelle campagne elettorali.
Per non parlare di certi professionisti della verità storica che preferiscono un conveniente silenzio alla serena discussione e pacata. Ma quello è un altro capitolo della storia.

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