Un giro d’affari di diversi miliardi di euro. È con il gioco online che la ‘ndrangheta ripuliva i soldi sporchi facendoli passare da Malta e da altri paradisi fiscali come le Antille olandesi, Panama e la Romania. In tutto sono 41 gli arresti disposti dal gip su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, che ha stroncato un’associazione a delinquere di stampo mafioso con proiezione transnazionale che si è servita di società estere di diritto maltese per esercitare abusivamente l’attività di gioco e delle scommesse in Italia. In tutto sono 56 le società coinvolte nell’inchiesta, denominata “Gambling”, che ha portato al sequestro preventivo per un valore di 2 miliardi di euro.

Il blitz interforze è scattato prima dell’alba. Complessivamente sono 128 gli indagati. Tra questi 28 sono finiti in carcere, 13 agli arresti domiliciari, 5 sono stati raggiunti dall’obbligo di firma e 5 dal divieto di dimora. Su richiesta del procuratore Federico Cafiero De Raho e dei sostituti Giuseppe Lombardo e Stefano Musolino, sono state sequestrate anche la società Betuniq e le scatole cinesi create ad arte per riciclare il denaro sporco della ‘ndrangheta. Undici tra le società coinvolte avevano la sede all’estero (sei a Malta, una in Austria e due in Romania), ma il centro decisionale e operativo era a Reggio Calabria. Dalla città dello Stretto, in sostanza, la cosca Tegano gestiva il business delle scommesse. Che ha visto coinvolte anche 45 imprese in Italia, sequestrate assieme ai 1.500 punti commerciali e agli 82 siti nazionali e internazionali. 

Guardia di finanza, carabinieri, Dia e polizia di Stato hanno eseguito nella notte più di mille perquisizioni. Al centro dell’inchiesta la Betuniq di Mario Gennaro, conosciuto con il soprannome di “Mariolino”. Era lui il dominus dell’organizzazione criminale che, attraverso lo schermo di imprese del mercato dei giochi e delle scommesse a distanza e dislocando in Stati esteri i server per la raccolta informatica delle giocate e la loro gestione, ha aggirato la normativa che regola il settore. In sostanza Mariolino Gennaro utilizzava un sito, simile a molti altri, che per evitare di pagare le tasse in Italia ha la sede legale all’estero. Nessuna tracciabilità dei soldi, quote più alte per le scommesse e pagamenti cash.

Tecnicamente li chiamano “Centri di trasmissione dati”, ma in realtà si comportano come vere agenzie e fanno giocare sui siti “.com” gestiti da società con sede nei paradisi fiscali, accettando denaro contante e pagando le vincite in contanti, con quote superiori a quelle previste dai siti “regolari” sottoposti al controllo dei Monopoli di Stato. Un sistema di gioco on line “parallelo”, al di fuori del sistema legale (siti con dominio “.it”), che tramite server situati all’estero (siti con dominio “.com”), consente di accedere a piattaforme di gioco senza che le autorità possano effettuare i controlli e i monitoraggi previsti dalla legge.

La diffusione del brand Betuniq in Italia è stata garantita da una rete commerciale collegata ad imprese colluse con la ‘ndrangheta e con la camorra. Il metodo mafioso ha spianato la strada ai “circuiti di gioco” gestiti di fatto da Domenico Lagrotteria (anche lui arrestato) e Mario Gennaro, quarantenne originario di Archi, salito agli onori della cronaca nel 1997 quando, stando alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, avrebbe fatto parte del commando che ha assalito un portavalori sulla Salerno-Reggio Calabria, nel tratto di autostrada compreso tra Bagnara e Scilla, portando a casa un bottino miliardario. Ma da quell’accusa è stato assolto. Appassionato di poker e scommesse sportive, Mario Gennaro è uscito quasi sempre indenne dai problemi giudiziari nonostante venisse considerato un affiliato alla cosca Tegano e legatissimo al boss Giorgio Benestare, detto “Franco”, uno dei cinque generi del padrino Giovanni Tegano.

In questi anni l’attenzione degli investigatori si è concentrata sulle frequentazioni pericolose e i continui viaggi di “Mariolino” a Malta dove è solito partecipare a importanti tornei di poker assieme a personaggi reggini noti nel settore delle scommesse sportive e assidui frequentatori di casinò. Ora l’inchiesta “Gambling” dimostra come dietro il “Texas holdem poker” e le trasferte a La Valletta ci fosse un riciclaggio di soldi della cosca Tegano ma anche di altre famiglie mafiose della Piana di Gioia Tauro e della Locride che, grazie alle imprese schermo, hanno aggirato le inibizioni dell’Aams sottraendosi pure al pagamento dell’imposta unica sulle scommesse.

Nei mesi scorsi la Direzione distrettuale antimafia ha incrociato i filoni di diverse inchieste per capire con chi era in contatto Mario Gennaro e se i suoi viaggi a La Valletta fossero finalizzati solo alla sua partecipazione ai tornei di poker oppure sarebbero stati un paravento per qualcosa di ben più sostanzioso. Con l’inchiesta “Gambling”, i pm hanno scoperto che sull’asse Reggio–Malta viaggiavano i soldi della ‘ndrangheta.

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