Nei giorni scorsi, le intercettazioni tra due dirigenti del ministero dell’Ambiente (“Cerchiamo di fare una porcata per salvare Tirreno Power”) hanno riacceso la rabbia dei cittadini che vivono all’ombra dell’impianto. Nel 2014 la Tirreno Power, nata negli anni ’70 nel pieno di un centro abitato, è stata chiusa e posta sotto sequestro. Eppure, secondo gli esami condotti dall’Arpal, non ci sarebbero differenze sostanziali nella qualità dell’aria tra prima e dopo la chiusura della centrale. Il marito di Adriana Caviglia è morto il 30 luglio del 2009 per un duplice tumore – vescica e polmone. Per anni aveva lavorato alla centrale. “Più di una volta mio marito mi aveva riferito: ‘domani viene l’Arpal’ – racconta Adriana – Dico: ‘Bella storia… Se avvisano prima, è logico che l’aria poi risulta a norma’”. A lei, come tante altre vittime di questa storia, sono venute le lacrime agli occhi quando ha letto le ultime intercettazioni sui giornali. “Lacrime di gioia – confessa Adriana – Una gioia fasulla. Porca miseria, ce l’hanno fatta! Perché solitamente non si riesce”. Ma c’è anche chi, come Ilaria Mastrorosa, ha vissuto sulla propria pelle il calvario della malattia. A 27 anni i medici le hanno diagnosticato il linfoma di Hodgkin. “Non è solo la Tirreno Power – dice Ilaria – Se non c’è un amministrazione che tutela il cittadino, nell’italiano medio si inculca la mentalità che questo si può fare. È una malattia. Il cancro di questo Paese” di Lorenzo Tosa

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Reati ambientali, i compromessi li fa la politica non la magistratura

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