Nei caldi giorni tra il referendum greco e l’eurosummit, un funzionario Ue ha citato la canzone dei Dire Straits per esprimere quello che secondo lui è lo spirito dei greci: tanti soldi in cambio di niente.

Una battuta infelice, che nasconde però una verità: alla Grecia è stato accordato un terzo bailout da oltre 80 miliardi di euro che va ad aggiungersi ai precedenti 240 miliardi di euro. In tutto fanno 340 miliardi di euro che i contribuenti europei hanno pagato per la crisi greca. Certo, ne hanno beneficiato anche grandi banche tedesche e francesi, ma a contrarre debiti su debiti negli anni chi è stato? Inoltre la Commissione europea ha sbloccato 35 miliardi di investimenti nel Paese e la Banca centrale ha prolungato l’Ela, ovvero i prestiti di emergenza ad Atene.

Il punto è questo: di fronte alle dure – sicuramente ingiustamente punitive – condizioni imposte dall’Eurogruppo per concedere il terzo baiolut – lo ha scritto perfino lo Spiegel – una grossa fetta dell’opinione pubblica europea si è stracciata le vesti urlando al “colpo di Stato” e al “complotto”. Una visione erroneamente manichea (buoni vs cattivi) della situazione. Le condizioni sono state chieste dai ministri delle Finanze di 18 Paesi Ue con alle spalle 18 governi e 18 parlamenti democraticamente eletti e rappresentanti gli interessi di 18 opinioni pubbliche, alcune delle quali seriamente contrarie a concedere altri soldi alla Grecia. L’errore dei paladini della democrazia greca è quello di dimenticarsi di queste altre 18 democrazie che, a torto o a ragione, hanno assunto negli anni un atteggiamento sempre più ostile nei confronti dei vicini greci.

Di sicuro non ha giocato a favore delle Grecia il referendum organizzato la settimana precedente – un referendum che, riguardando politiche fiscali e internazionali in Italia sarebbe stato anti costituzionale. La “sparigliata” di Tsipras e l’atteggiamento di Varoufakis a Bruxelles hanno minato quella fiducia e quel rispetto reciproco che devono vigere per negoziati così delicati. Insomma a Bruxelles i famosi “pugni sul tavolo” non funzionano, specie se a darli è un peso piuma.

Attenzione: questa non vuole essere una difesa della dura presa di posizione dei creditori internazionali né una condanna tout court della Grecia. Il fatto è che assumere semplicisticamente posizioni manichee in situazioni del genere è sbagliato a priori e non fa bene a nessuno, né all’Europa né soprattutto alla Grecia. Riassumere il tutto nella metafora calcistica “Grecia vs Europa” è un’idiozia. Se è sbagliato accanirsi contro un Paese e il suo popolo per gli errori commessi nel passato lo è altrettanto trattare da aguzzini chi alle spalle ha altri popoli con interessi e punti di vista diversi sulla faccenda. Poi possiamo parlare dei pregiudizi nei confronti di Atene, della supponenza teutonica e della mancanza di solidarietà. Ma questa è un’altra storia.

@AlessioPisano, www.alessiopisano.com

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