Cinema

Il cinema italiano vivacchia e aspetta il ritorno del salvatore della patria, Checco Zalone

Nel 2015 la fetta di mercato dei nostri film sul totale degli incassi rischia di scivolare al 22%, sotto la media europea. Ma il 1° gennaio 2016 arriva il nuovo film del comico pugliese a risollevare le sorti della cinematografia nazionale

di Federico Pontiggia

Come sta il cinema italiano? Meglio gettare la maschera e chiederci esplicitamente: “Checco-sa vogliamo?”. Semplice: Zalone. Nel 2014 non c’è stato un Sole a catinelle a issarsi sulle spalle il comparto, e il box office abbandonato da Checco ha pianto miseria. Nulla di drammatico, perché il Nostro fa film comici e perché c’era da aspettarselo: senza i film-evento la gente al cinema non va, si è persa l’abitudine, oggi serve l’occasione, altrimenti streaming, download (più o meno legali) e social network rappresentano validissime alternative al theatrical. Che serve? Uno Star Wars sotto l’albero (l’attesissimo Il risveglio della forza diretto da J.J. Abrams, in uscita il 16 dicembre) oppure un Jurassic World, che ha già rastrellato un miliardo e 470 milioni di dollari in tutto il mondo (14 milioni di euro da noi): film, anzi, filmoni catalogabili nei blockbuster e, prima, annoverabili nei must-see, quelli che tutti, ma proprio tutti devono vedere.

In attesa del promesso salvatore della patria – Quo vado? di Zalone arriverà il 1° gennaio 2016 con Medusa – possiamo però incassare timidi segnali di ripresa nel primo semestre 2015: da gennaio a giugno, più di 51 milioni di spettatori, con una crescita del 5% sul 2014, e oltre 330 milioni di euro, con un incremento del 9,4% (Cinetel). Non solo, come appena svelato a Ciné, i distributori dell’Anica e gli esercenti di Anec e Anem possono contare su un mese di giugno ringalluzzito: 5 milioni di presenze, uno in più dello scorso anno (+23,7%), e più di 32 milioni di incassi, con uno scarto positivo di oltre 8 milioni di euro (+35%). Insomma, una timida schiarita la si intravede, ma ci possiamo fidare? A giudicare dal 2014, no: 574.839.395 euro l’incasso globale, che segna un -7,04% sul 2013 e un -5,69% sul 2012; 156 milioni di spettatori contro i 188 del 2013 e i 153 del 2012. Flessioni pesanti, parzialmente attenuate se, anziché questi dati Cinetel (1.065 cinema monitorati), consideriamo i 5.100 schermi del rilevamento SIAE: -4,95% gli spettatori e -4,5% gli incassi del 2014 sul 2013.

A stigmatizzare la decrescita infelice è la scarsa attrattività dei titoli in top 3, top 5 e top 10: nel 2014 hanno fatto rispettivamente 34, 39 e 64 milioni, perdendone ben 41, 54 e 60 sul 2013. Ribadiamo, il film-evento non è importante, è tutto: “Il pubblico non ha tradito, a tradire semmai è stata l’offerta, priva nel 2014 di film-evento”. Lo afferma Redento Mori, curatore del Rapporto “Il mercato e l’Industria del Cinema in Italia”, giunto alla settima edizione. Editato da Direzione Generale Cinema del Ministero dei Beni Culturali e Fondazione Ente dello Spettacolo, analizza il territorio e delinea una carta buona per non perdersi e, possibilmente, ripartire sulla strada giusta: il primo ad averne bisogno è il cinema italiano, passato in un anno dal 31,16% al 27,76% di quota di mercato. Possiamo fare di peggio, e lo faremo presto: “Nel 2015 la fetta di mercato dei nostri film – dice Nicola Borrelli, direttore Cinema del MiBACT – rischia di scivolare al 22%, sotto la media europea. Che vogliamo fare, invertire la rotta, con la collaborazione di tutti gli attori della filiera, o continuare a vivacchiare?”. La seconda che ha detto, perché i vasi comunicanti non abitano qua, il cinema fatto in Italia oggi ha un titolo d’elezione, Io sono un autarchico: investitori stranieri in fuga (-47% sul 2013), co-produzioni in caduta libera (7 nel 2014, erano 34 nel 2009!) e sempre più povere (2,53 milioni di euro il costo medio del 2014, erano 7 nel 2013).

Non c’è da stupirsi, dunque, se ci riscopriamo piccini piccini: i 69 film d’iniziativa italiana prodotti con budget inferiore a 200mila euro rappresentano il 36% del totale (194), i 25 costati oltre tre milioni e mezzo solo il 13%. Chiariamo, poveri ma belli non è la via d’uscita, al contrario, il nostro “minimismo” produttivo, e ancor prima ideativo e creativo, ha poco a che fare con la bellezza e la qualità: servono strategie, servono sinergie, soprattutto, servirebbe unire le forze per un obiettivo comune. Per esempio, che dire dei due mercati, quello alla Mostra di Venezia e quello della Festa di Roma: strabismo o strabismo?

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