CAUTERETS – Caron dimonio, l’ondata di caldo che si è abbattuta anche sul Tour, ha mandato a casa sei corridori, tra i quali Daniele Bennati. L’unico italiano a vincere qualcosa, sinora, è Matteo Trentin, il velocista della Etixx-Quick Step orfana di Tony Martin. E’ stato il migliore nello sprint di Pouzac, ha battuto Peter Sagan che ha riconquistato la maglia verde e il barbuto John Degenkolb. Nella classifica a punti è ventisettesimo. Il Tour era appena transitato da Lourdes, e si avviava ad affrontare, in questa seconda tappa pirenaica, due mitici colli, quello dell’Aspin e il Tourmalet. Ma la madonna della grotta non ha aiutato Vincenzo Nibali a superare la crisi che lo attanaglia da quattro giorni e che anche oggi ha voluto il suo tributo: altri cinquanta secondi di ritardo, nonché un passo indietro in classifica, da decimo a undicesimo. Nessun miracolo, purtroppo. Anzi, ancora sofferenza.

E tante domande alle quali solo un medico e uno psicologo ormai possono rispondere. L’Astana, infatti, ha deciso di scoprire che cosa sta succedendo. Mentre saliva sul pullman della squadra, il campione italiano è apparso demoralizzato: “Continuo a non capire come mai, ad un certo punto, mi ritrovo senza forza”. Mancano i watt che invece Chris Froome ha in esuberanza. Forse troppo. La maglia gialla, nella tappa da Pau a Cauterets, ha corso in maniera cauta, senza sfoggiare il micidiale e sospettoso “paso doble” che ha stecchito gli avversari sull’arrampicata alla Pierre-Saint-Martin. Le non tanto velate accuse rimbalzate su Internet hanno irritato lui e ancor di più il patron della Sky. Per cinque volte in conferenza stampa, Froome ha ripetuto che lui è focalizzato sul lavoro di squadra, sull’obiettivo che è quello di vincere il Tour. Sul doping, ha ripetuto che ci sono dei “phisiological testing” di un team di medici indipendenti, estranei all’ambiente ciclistico e che “li aspetta”.

Il refrain è: “Io sono pulito, e lo dimostro”. Ricorda i tempi di Lance Armstrong, quando l’americano respingeva sdegnosamente le accuse. Armstrong piomba al Tour domani. Per Claude Nadeau, il presidente degli amici di Notre-Dame-des-Cyclistes (il santuario francese delle due ruote, a Labastide-d’Armagnac), “poiché Armstrong ha confessato, bisogna perdonarlo”… Chi vive questi giorni in pieno malessere (mentale e fisico) purtroppo è Vincenzo Nibali. Se Froome scoppia di salute e di potenza, lui sente l’energia ventire meno, nei momenti cruciali della corsa. Oggi gli è capitato a un paio di chilometri dall’arrivo: sulla carta, l’ultima salita non avrebbe dovuto impensierirlo, ma c’erano alcuni tornanti carogna, e questo ha ispirato l’attacco del belga Bauke Mallema. Davanti, tutto era già stato deciso. Froome non ha premuto l’acceleratore per inseguire i fuggitivi di giornata. Così, si è rivisto in scena Rafal Majka, la maglia a pois dello scorso anno, luogotenente di Alberto Contador.

Fuori dai ranghi alti della classifica, il polacco andava a vincere la sua terza tappa al Tour (due le aveva vinte nel 2014). Aveva mollato il cocciuto irlandese Daniel Martin, giunto secondo ad un minuto, poi il tedesco Emanuel Buchmann, il belga Serge Pauwels, i francesi Thomas Voeckler e Julien Simon. Insomma, i protagonisti di una fuga lasciata sopravvivere dall’astuto Chris Froome, che oggi ha corso da corridore “umano”. Bravo a controllare gli intimiditi avversari, con l’aiuto dei soliti Richie Porte e Geraint Thomas: pronto a stroncare sul nascere le eventuali velleità di Nairo Quintana (anche lui prudente e tranquillo) e dell’americano Tejay Van Garderen; sempre attento a non perdere di vista Alejandro Valverde, assai attivo, e soprattutto El Pistolero. La voglia di rivincita di Contador e l’orgogliosa reazione di Nibali. A dire il vero, Nibali pareva assai diverso dal Nibali soccombente di ieri.

Aveva messo alla frusta tutta la squadra, spesso in prima fila nel gruppo della maglia gialla: “Abbiamo provato a reagire, a dare una svolta a questo Tour che finora ci ha dato soltanto delusioni”, ha detto Michele Scarponi, fido scudiero di Nibali ma vittima di una dolorosa pustola al sottosella che gli fa vedere i sorci verdi “peccato che non sia andata come speravamo”. Ora il copione prevede la terza tappa pirenaica, da Lannemezan al Plateau de Beille, 195 chilometri, un caldo feroce in agguato, tre colli da scalare prima di avventurarsi negli ultimi 15,8 chilometri che hanno una pendenza media del 7,9 per cento e che si concludono a quota 1780. Un bis della Pierre-Saint-Martin. Un altro probabile supplizio per Vincenzo. Che ha carattere e voglia di reagire al malessere che lo coglie quando qualcuno cambia ritmo in salita. Lui sinora non è stato in grado di reagire. Impietrito, come i picchi di queste montagne che hanno visto le imprese dei più grandi scalatori in bicicletta. Le salite sono l’anima e il cuore del ciclismo. In un altro senso, il Tour de France 2015 rischia di essere per Nibali tutto in salita, anche quando va in discesa o si dipana in pianura.

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