Una pioggia di no, dai banchi della maggioranza. E’ciò che Alexis Tsipras sta ricevendo dai suoi alleati di governo, che siano del suo stesso partito o degli indipendenti di Destra dell’Anel. Il voto in aula sul nuovo memorandum sarà negativo da parte della pattuglia guidata dal ministro della Difesa Panos Kammenos e dei circa 35 dell’ala più integralista di Syriza. I primi lo hanno detto al premier con toni più diplomatici: restiamo alleati, sosteniamo l’idea di trattare ma non a queste condizioni. Kammenos, che con Tsipras ha ancora aperta la questione dei tagli alla difesa proprio mentre gli F16 turchi sconfinano quasi ogni giorno nell’Egeo, lo ha incontrato nel pomeriggio. Ha detto al premier di non poter votare l’accordo imposto dagli istituti di credito perché si tratta di “ricatti”. Ha riconosciuto a Tsipras di aver dovuto fronteggiare un “colpo di stato da parte di Germania e altri Paesi, che hanno messo a rischio le banche e i depositi”.

Per queste ragioni ritiene che l’accordo raggiunto superi abbondantemente la linea del non ritorno, come a dire che non solo il rimpasto è ormai alle porte, ma soprattutto si va verso un governo di larghe intese con un tecnico o un volto nuovo. Poi ha addolcito la pillola, aggiungendo di voler restare con Syriza per combattere “fino in fondo questa battaglia”, ma l’impressione è che si è ormai alla conta.

Lo zoccolo duro dei no, però, si ritrova alla voce Piattaforma di Sinistra. Sono quei deputati, circa 30, che fanno riferimento al ministro dell’energia Panagiotis Lafazanis (dimissionario domani con altri tre) a votare certamente no e a lanciare un atto di accusa contro il leader di ieri. “Non ha avuto un piano B il nostro premier – dice a ilfattoquotidiano.it Vassilis Kiriakakis – tanto valeva tenersi Varoufakis che aveva ragione praticamente su tutto. In questo modo ci siamo consegnati mani e piedi alle larghe intese che ci hanno governati negli ultimi tre anni: un successo davvero”.

Altro fiele arriva a Tsipras dalla presidente della Camera Zoì Kostantopoulou, syrizea della prima ora, accusata dalle opposizioni di voler rallentare le votazioni di mercoledì e quindi prossima alla sostituzione. Sullo sfondo le proteste di piazza che ricominciano dinanzi al Parlamento, tra sindacati e partiti, come nel 2012 quando all’interno si votò il primo memorandum. Mentre all’esterno in centomila lanciavano vasetti di yogurth per protestare.

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