Almeno c’è un accordo. E l’ipotesi di uscita della Grecia dall’euro è per ora scampata. All’Institut Jacques Delors di Parigi, il direttore Yves Bertoncini tenta di vedere il bicchiere mezzo pieno. Ma il responsabile del centro studi, che riunisce attorno a sé l’intelligentia parigina europeista, ammette che il caso greco ha mostrato tutta la debolezza dell’Unione e che, in fin dei conti, non è detta l’ultima parola sull’epilogo della crisi di Atene.

Monsier Bertoncini, il vostro think thank ha anche una sede a Berlino e ha quindi una posizione di osservazione privilegiata per comprendere quello che è accaduto nelle ultime ore…
L’Europa ha raggiunto un’intesa e questo non era affatto scontato. Il caso greco ha rivelato delle differenze molto profonde e difficili da sormontare sia a livello di capi di Stati che di governi. Il fatto che alla fine sia stato raggiunto un accordo politico, sia pure con pesanti condizioni, è già qualcosa di molto positivo.

La Francia si è spesa sin da subito per l’ipotesi di un taglio del debito. Quali sono i motivi alla base della scelta di Hollande?
La Francia era pronta a fare, qualunque cosa fosse stata necessaria per evitare l’uscita della Grecia dall’Europa. Per Parigi Grexit non è mai stata un’opzione sia per questioni geopolitiche sia per ragioni economiche. Sin sa subito Hollande ha ritenuto che non fosse possibile minare la stabilità della zona euro e ha scelto di sostenere l’ipotesi di taglio del debito anche perché i crediti vantati da Parigi verso la Grecia sono di minore entità rispetto a quelli della Germania. A questo aggiungerei che la Francia è culturalmente più vicina a soluzioni di compromesso di quanto non lo sia la Germania che vuole i suoi crediti ripagati fino all’ultimo euro. In questo scenario, a differenza di quanto abbia fatto Renzi, che a mio avviso ha avuto un ruolo di rottura, Hollande ha giocato la sua partita scegliendo il ruolo di grande mediatore che ha tenuto in vita la trattativa con la Merkel per arrivare all’accordo.

Come mai la Germania non ha assolutamente tenuto conto della posizione francese?
C’è un punto che ha reso le cose più difficili per Atene: la sensazione che in fondo si stesse giocando una partita che va oltre lo stesso caso greco. Quando i tedeschi sentivano i francesi o gli italiani dire “bisogna tagliare il debito”, temevano che in fondo i loro partner europei stessero sostenendo la loro stessa causa. Sia la Francia che l’Italia hanno un grosso debito e i tedeschi hanno sin da subito temuto la possibilità di creare un pericoloso precedente con il taglio del debito.

Quello che è accaduto alla Grecia potrebbe accadere anche in altri Paesi del Sud d’Europa come l’Italia o la Francia dove il debito è molto elevato?
Sono quattro i Paesi che finora si sono ritrovati in situazioni di fallimento virtuale a causa della mancanza di fiducia dei mercati: Grecia, Cipro Portogallo e Irlanda, che non è per niente a Sud dell’Europa. Sono Stati che hanno fatto degli errori in contesti differenti. Irlanda e Portogallo sono riusciti a risolvere i loro problemi. Per capire se ci sono rischi per l’Italia, ad esempio, bisogna chiedersi se i mercati si fidano delle promesse del Paese. Oggi la mia risposta è sì. La situazione è ben diversa rispetto a quando l’ultimo governo Berlusconi fu costretto a rimettere il proprio mandato per far spazio a Monti a causa dello spread alle stelle. Ammetto però che se la Grecia fosse uscita dalla zona euro, probabilmente i mercati si sarebbero immediatamente chiesti a chi sarebbe toccato dopo.

Insomma, questo accordo è già qualcosa. Ma le sue condizioni proibitive non rischiano di farlo restare solo sulla carta?
Da questo punto di vista, i greci sono di fronte a un dilemma. Lo stesso Tsipras lo ha evocato. Il premier greco però può contare sulla volontà popolare di restare sulla zona euro. Ora quello che deve fare è far accettare questo accordo al suo parlamento e all’opinione pubblica nazionale. E’ difficile ma, a mio giudizio, può riuscirci perché il referendum del 5 luglio lo ha rafforzato: rispetto a gennaio, oggi Tsipras ha una base politica ben più larga e non è più ostaggio della base radicale del suo stesso partito. L’uscita di scena di Varouflakis testimonia la volontà del premier greco di liberarsi di posizioni estreme per aprire al compromesso. In un certo senso questa intesa è figlia del compromesso anche da parte della Germania.

Ma l’accordo è sostanzialmente ciò che voleva la Merkel…
Non si può generalizzare quando si parla della Germania. Nel Paese ci sono sensibilità differenti. Innanzitutto c’è un’opinione pubblica che non voleva accettare l’idea di un nuovo piano di aiuti. In Germania la Merkel ha dovuto vedersela con Schauble che ha incarnato la linea dura. Alla fine la cancelliera, pur imponendo le sue condizioni, è riuscita a far passare un accordo che è frutto di un compromesso anche per la Germania. In un certo senso, anche la Merkel si è dovuta liberare dalle posizioni più radicali. Il che avrà probabilmente anche un costo politico con defezioni che testimonieranno come questa intesa è frutto di un compromesso.

Non crede che l’accordo possa indebolire Tsipras?
Il premier greco ha una maggioranza meno schiacciante rispetto alla cancelliera tedesca. Subirà certamente delle defezioni e probabilmente dovrà riconfigurare la sua maggioranza. Ho già sentito dire che Varuflakis creerà il suo partito. Ciononostante Tispras è oggi più forte rispetto al passato: se a gennaio il premier era sostanzialmente il leader della sinistra radicale nazionale, oggi è il leader della classe politica greca con uno standing internazionale e ha, quindi, in mano gli strumenti per far adottare al parlamento greco le riforme chieste in cambio degli aiuti.

Tre giorni non è molto tempo…
Questo è effettivamente l’aspetto dell’accordo che trovo eccessivo. Ma bisogna ben leggere i termini dell’intesa. La prima cosa cui si fa riferimento è l’importanza di ricostruire la fiducia. Ci sono poi i nuovi prestiti e un’assistenza finanziaria d’urgenza ma non solo questo. E siccome c’era un problema di fiducia dei mercati negli impegni greci, l’Europa ha ritenuto necessario chiedere nell’immediato impegni politici e finanziari concreti. Compresi i 50 miliardi di privatizzazioni. Certo è molto difficile per Tsipras, ma quando si perde la fiducia del mercato, il prezzo da pagare è molto alto.

Che cosa accadrà se Tsipras non dovesse riuscire a far approvare al Parlamento le richieste dell’Unione? L’ipotesi Grexit tornerà d’attualità e con quali effetti per Francia e Italia?
Se non ci riuscirà la Grecia morirà per asfissia finanziaria. Avrà bisogno di denaro e inizierà a stampare con una nuova moneta con tutte le conseguenze economiche per i suoi creditori. Si materializzerà di fatto l’ipotesi Grexit. Ma io non credo in questo scenario. Tsipras porterà a termine il suo mandato.

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