Tra la pagina stampata e lo schermo della tv il passo è da sempre breve, e non per nulla i più importanti gruppi dello show business globale dispongono di una casa editrice. Ottima per entrare in contatto con gli scrittori e acquisire i diritti per trasformare i romanzi in film o serie televisive; non meno utile per offrire ai medesimi scrittori l’editore di riferimento per continuare a coltivare il loro desiderio di figurare sugli scaffali delle rivendite di libri; preziosa per imbastire i sequel delle storie di successo che a loro volta faranno girare la ruota della serialità televisiva.

Il Trono di Spade costituisce, ad esempio, la trasposizione de “Le Cronache del ghiaccio e del Fuoco” di cui George Martin ha scritto i primi cinque capitoli, mentre il sesto è in corso di stesura al punto che l’autore, a fronte delle proteste dei fan per la morte (almeno tale è sembrata) di uno dei personaggi “buoni”, ha sedato la rivolta con la minaccia, visto che aveva ancora la penna in mano, di far perire il nano Tyrion, l’eroe assoluto della storia. I vettori narrativi strutturali del genere “saga” trasposto in tv sono a dir poco schietti: amore, sesso e violenza, se possibile abbinati. E poiché si tratta di prodotti che non sono destinati al day time né al prime time della tv generalista, i realizzatori ci vanno giù duro, immuni dalla minaccia di proteste delle associazioni di genitori.

Anche Outlander proviene da una serie di romanzi (di Diana Gabaldon). Qui, a differenza che ne Il Trono di Spade, si sente la mano femminile. Basti dire che la protagonista, felicissimamente sposata nel 1945, si imbatte in un monolite che funge da porta temporale e si trova sbalzata di due secoli indietro, nella Scozia al vigilia della battaglia di Culloden, che segnerà la fine del mondo dei clan.

Catturata dal passato si trova a praticare situazioni che nella vita reale vengono confinate nel campo delle fantasie. Così nel passato scozzese l’eroe cattivo, ma davvero cattivissimo, è il sosia-antenato del marito buonissimo rimasto nel futuro. Per non dire della bigamia, resa però innocente grazie all’abisso dei secoli, dei due matrimoni, quello di prima, col marito intellettuale e composto, rimasto al 1945 e quello nuovo, confinato nel passato, con un giovane aitantissimo e focosissimo che di più non si potrebbe immaginare.

Le favole televisive per adulti mettano a frutto, in buona sostanza, l’esperienza maturata con la serie di Harry Potter nei confronti dei pre-adolescenti. Le geometrie relazionali sono quelle della vita reale (lì la scuola, qui la società), ma trasfigurate dalla storia e dall’ambientazione. Se ne scrivono ogni anno a bizzeffe, tutte diverse e tutte simili. E non è immaginabile alcun limite alla disponibilità del pubblico a lasciarsene rispecchiare. Per il piacere dell’industria che sa approfittarne. Per ora l’Italia latita.

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