A volte le notizie distraggono da altre notizie. Attacchi terroristici, crisi economica, vicenda Grecia, riforma della scuola, telenovella De Luca. Paginate e paginate, servizi Tv, speciali, approfondimenti, editoriali. E’ come se si restasse assopiti, distratti, assuefatti. Un disorientamento cognitivo, un temporaneo abbassamento della guardia, una perdita di attenzione. E si sa, la trappola è dietro l’angolo. Il pacco ovvero il doppio pacco cioè il contropaccotto l’ha messo a segno il legislatore che tomo, tomo, cacchio cacchio lo scorso 16 aprile ha approvato in modo definitivo una “bella” leggina: la già ribattezzata “famigerata 47”. La normativa entrata in vigore l’8 maggio scorso – silenziosamente – sta “rivoluzionando” in negativo i meccanismi della custodia cautelare che diventa l’eccezione. In soldoni: finire dietro le sbarre perché indiziato di aver commesso un reato grave, anzi gravissimo diventa sempre più difficile. Di fronte a contestazioni pesantissime come l’omicidio, la corruzione, la truffa, l’associazione di stampo mafioso, purtroppo la sacrosanta richiesta d’arresto inoltrata dai magistrati della Procura ora grazie alla “famigerata 47” può non essere autorizzata dal giudice. Proprio così.

Anche i reati di tipo associativo, gli omicidi possono non far spalancare i cancelli del carcere. La legge 47 del 16 aprile 2015 è una vera e propria spada di Damocle sulle misure preventive. Cosa accade e perché?. “Il pericolo di reiterazione del reato” non dev’essere solo “concreto”, ma anche “attuale”. Questa la parolina magica “attuale” che equivale a buttare sabbia negli ingranaggi della magistratura inquirente. In pratica se al termine di indagini complesse e difficili vengono – dopo mesi o anni – incastrati da indizi schiaccianti i presunti colpevoli non finiscono per forza dietro le sbarre. Se nell’arco di tempo dai reati commessi – gli indagati e futuri imputati – si sono comportati bene ovvero non sono incappati in denunce o fermi cioè con ogni probabilità non sono stati pizzicati dalle forze dell’ordine non possono essere arrestati. L’“attuale” insomma è predominante sul “concreto”.

Alle richieste di arresti da parte dei Pm puntualmente i giudici della fase preliminare applicando la nuova normativa non possono concedere la misura della custodia cautelare. Sono decine e decine gli arresti richiesti e non concessi con gli imputati indagati per reati gravissimi che si godono la libertà con la prospettiva di finire in carcere solo quando ci sarà l’eventuale condanna definitiva. E’ un duro colpo inferto alle investigazioni antimafia: a volte proprio una serie di arresti preventivi aiuta e dà forza in itinere alla stessa inchiesta. Il legislatore nell’approvazione della “famigerata 47” non ha tenuto conto che le indagini di fatti di camorra o più genericamente di reati associativi o finanziari e di riciclaggio portano in se una certa complessità operativa con procedimenti articolati e lunghi. Il venir meno la probabilità di eseguire arresti taglia le gambe all’esito finale delle stesse inchieste condotte dai magistrati.

Il fermo di un imputato gravato da accuse pesanti è un tassello determinante nel lavoro della stessa magistratura inquirente. Invece di snellire, dare più strumenti, sburocratizzare le procedure, accelerare i processi per evitare anche le ingiuste detenzioni, il legislatore ha nei fatti tolto o meglio depotenziato la magistratura. L’effetto della “famigerata 47” su realtà complesse come Napoli è drammatico. Un esempio? Tre presunti narcotrafficanti che dalle indagini della Dda partenopea avrebbero dato vita a un sistema di smercio di grandi quantitativi di droga nei comuni della cinta del Vesuviano pur riconoscendo l’evidenza delle prove schiaccianti i giudici della libertà hanno accolto le ragioni della difesa sulla custodia cautelare. Risultato? I tre narcos sono liberi ma indagati. Il giudice ha constatato che manca “l’attualità” delle accuse. E’ lungo – insomma – l’elenco di richieste restrittive che potrebbero subire e subiscono lo stesso trattamento del Riesame.

Come fioccano ricorsi e richieste di revisione dei provvedimenti di custodia da parte dei legali degli indagati in custodia cautelare. La “famigerata 47” potrebbe mettere in libertà affiliati e gregari dei clan finiti nelle maglie della magistratura grazie a indagini sofisticate. A ciò occorre aggiungere i già noti escamotage che una certa pratica produce. La parola magica è “ammetto gli addebiti”. La formula è sufficiente per far addirittura cancellare gli ergastoli. E’ già accaduto con i killer della Vanella Grassi di Secondigliano, di Ponticelli, di Miano. Quando gli imputati comprendono che il processo si mette male perché le accuse dei collaboratori di giustizia sono precise e riscontrate e nella certezza che saranno condannati allora davanti al giudice ammettono i reati contestati e confessano. Una furbata per evitare il carcere a vita. Strategie vecchie e di mestiere che ora trovano forza e vigore grazie alla “famigerata 47”. Il buon senso consiglierebbe almeno nella parte che riguarda i reati associativi e di omicidi di modificare e correggere la legge. Chiacchiere, parole, discorsi inutili. Almeno una cosa il governo Renzi è riuscito a fare in materia di giustizia: cambiato verso a favore dei camorristi, mafiosi e killer…

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