La Grecia non è il primo debitore insolvente della storia e di certo non sarà l’ultimo. Anche quello di essere uno stato sovrano, non è una prerogativa eccezionale come ebbero modo di constatare a proprie spese taluni banchieri nostrani di qualche tempo fa. A valle delle innumerevoli discussioni di carattere politico o ideologico, che hanno caratterizzato la “narrazione” delle vicende di questi giorni, val la pena tornare ad alcune considerazioni elementari sui rapporti di debito/credito e sulle dinamiche innescate quando questo si deteriora.

Quando un debitore diventa insolvente, ossia non è più in grado di ripagare integralmente i propri debiti, la prima cosa da fare dal punto di vista dei creditori (ammesso che questi siano razionali e non sussistano distorsioni al sistema degli incentivi) è prenderne atto e cercare di limitare i danni.

Illudersi che il debitore sia solo illiquido, ovvero solo temporaneamente incapace di far fronte ai propri impegni, serve solo a peggiorare la situazione e aumentare le perdite registrate sui crediti.

A onor del vero non è sempre facile distinguere tra illiquidità e insolvenza e, anzi, può ben accadere che sia proprio l’eccessiva prudenza dei creditori, a far degenerare la prima condizione nella seconda attraverso limitazioni al credito concesso o richieste di rientro. Dunque il dilemma del creditore oscilla tra la convenienza immediata di limitare le perdite e l’opportunità di continuare a finanziare la controparte auspicando che possa tornare solvibile.

Che dire della Grecia? Come ben spiegato in  questo articolo, per motivi politici si è deciso di far finta che avesse solo bisogno una dilazione temporale e che prima o poi sarebbe stata in grado di onorare i suoi debiti. Oggi assistiamo alla conferma che era vero il contrario e che é estremamente difficile andare avanti con la finzione.

Che fa un creditore quando è ormai conclamata l’insolvenza della sua controparte? Ovviamente si attiva per limitare i danni e portare a casa quel che può. Se il debitore è uno stato sovrano non si possono attivare le normali procedure giudiziali per il recupero del credito: nessuno può pignorare il Partenone o il Pireo. Che fare allora quando non è possibile aggredire giudizialmente il patrimonio o i redditi dei propri debitori?

Si svalutano integralmente il credito e si prova a portare a casa qualcosa per via stragiudiziale ammesso e non concesso che la controparte sia disponibile.

Come applicare questo al caso della Grecia? Accettando l’idea che una parte del debito pubblico non verrà mai rimborsata e che quindi va stralciata. Hanno allora ragione i greci? Cancelliamo il debito e amici come prima?

No, c’è un particolare non da poco: nel caso d’insolvenza tra privati è logicamente escluso che i creditori continuino a finanziare chi non può rimborsare quanto ha ricevuto in passato. Per la Grecia, si discute (e quello dovrebbe essere stato  l’oggetto del referendum) di quali condizioni scegliere per subordinare l’erogazione di nuovi finanziamenti.

Con quale logica si può prestar denaro a qualcuno che,non solo ha dimostrato di non poter restituire quanto ricevuto in passato, ma che non è disposto neanche disposto a mettere in pratica quelle misure che almeno sulla carta dovrebbero consentirgli di ripagare i propri debiti? Come conciliare l'”emergenza umanitaria” di uno stato che rischia di non poter pagare stipendi e pensioni, le necessità di altri stati che riescono a pagare i propri stipendi e pensioni e ad accedere regolarmente al mercato e che sono chiamati a “soccorrere” chi si rifiuta di accettare misure (ad es innalzamento dell’eta’ pensionabile) che in casa propria sono state avviate da tempo?

Dove non può arrivare la logica economica, si spinge quella politica: se facciamo finta che il debito Greco sia sostenibile, pur con ingenti sacrifici, allora si può giustificare l’erogazione di nuovi finanziamenti a fronte dell’impegno ad affrontare detti sacrifici. Se però stiamo facendo finta, allora diventa discutibile e arbitrario quali sacrifici siano necessari per far fronte a un debito che non verrà mai pagato e di qui la strategia di Varoufakis di mercanteggiare sul conto da pagare.

Da queste semplici considerazioni emerge che se pure è estremamente difficile prevedere gli sviluppi immediati, si può ragionevolmente ipotizzare che nel medio termine i creditori della Grecia subiranno delle perdite che le finzioni passate e presenti stanno solo rinviando e amplificando, mentre e i suoi cittadini dovranno affrontare dei sacrifici o per sorreggere la finzione del debito sostenibile o perché, venuta meno la finzione, il loro paese perderà l’accesso al credito e dovrà far quadrare i conti da solo.

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