Arriva una segnalazione: hanno ritirato dal mercato le bibite energetiche della Monster perché al loro interno è stata riscontrata la presenza di arsenico inorganico nell’additivo “trisodio citrato” (E 331) prodotto in Cina. Possibile? Sì, possibile. La conferma è arrivata direttamente dal ministero della Salute, che ha tolto dal commercio quattro lotti distribuiti in cinque regioni (Lazio, Lombardia, Puglia, Toscana e Veneto). Appena in possesso delle informazioni sulla distribuzione dei prodotti non conformi lo stesso ministero le ha comunicate agli assessorati alla Sanità delle regioni coinvolte per consentire la verifica del ritiro/richiamo.

La vicenda risale a mesi fa. Nello specifico si tratta delle lattine riportanti le diciture “Monster Energy Green, Lotti LE1406D TT:TT e LE1431D TT:TT”, “Monster Energy Absolutely Zero, Lotto LE1419D TT:TT” e “Monster Energy Rehab, Lotto LE1429D TT:TT”. Sollecitato da ilfattoquotidiano.it, il dicastero della Salute ha fatto sapere che l’11 luglio 2014 le autorità belghe hanno notificato la presenza di arsenico proveniente dalla Cina e poi entrato tramite l’Olanda nel mercato comunitario. A questo punto sono passati sette mesi (27 febbraio 2015) prima che le autorità olandesi comunicassero ai punti di contatto europei le liste di distribuzione delle bibite in questione. Quando si parla di arsenico, la prima cosa da fare è capire quali danni possa provocare alla salute. In questo caso, il ministero della Lorenzin ha specificato che secondo le autorità olandesi “la possibilità di un rischio per alcuni consumatori non può essere esclusa”. Quale sia stata la concentrazione di arsenico nelle bevande non è dato sapere, anche se e in seconda battuta il Dicastero ha precisato che “il contaminante contenuto nell’additivo subisce comunque una diluizione nel prodotto alimentare o bevanda in cui viene utilizzato e ad ogni modo occorre tenere conto del quantitativo ingerito giornalmente dal consumatore”.

Contattata per avere una sua versione sulla vicenda, la Monster Energy ha risposto dopo settimane con un breve nota: “I prodotti per i quali avete chiesto informazioni erano e sono sicuri per il consumo“. Allora come è possibile che il ministero della Salute italiano abbia confermato che i lotti in questione sono stati ritirati dal mercato? Nuovamente contattata da ilfattoquotidiano.it, l’azienda si è trincerata dietro un laconico “non abbiamo ulteriori commenti” da fare. Eppure qualcosa è andato storto. Quali procedure di controllo dei prodotti e certificazioni deve rispettare una società operante nel settore alimentare? “Buone pratiche igieniche, buone pratiche di lavorazione e procedure per la sicurezza del prodotto Haccp (Analisi dei pericoli e controllo dei punti critici, ndr)” hanno spiegato dal ministero.

Non solo. “Nel caso specifico relativo alle verifiche da condurre sulle materie prime impiegate, l’azienda dovrebbe disporre di procedure di verifica (un piano di campionamento e analisi, ndr) delle materie prime introdotte rispetto all’analisi dei pericoli sulle possibili contaminazioni” hanno fatto sapere dal dicastero della Salute. Se le cose stanno così, quando qualcosa sfugge ai controlli quali provvedimenti sono previsti nei confronti delle società? “Nei casi di contaminazione di prodotti alimentari o bevande viene fatta la segnalazione all’autorità giudiziaria da parte della Asl competente sullo stabilimento di produzione/commercializzazione del prodotto contaminato – si legge nella nota ministeriale – Nel caso specifico in Italia il prodotto è stato distribuito da un operatore nazionale ma risulta fabbricato all’estero”.

Tradotto: il produttore è estero e quindi i provvedimenti spettano all’autorità giudiziaria del Paese di riferimento nel rispetto della propria legislazione. E fin qui, più o meno tutto chiaro. Ma allora come è potuto accadere che questi prodotti contenenti sostanze tossiche siano stati messi in commercio? In questo caso la risposta potrebbe trovarsi nei limiti dei controlli europei: visto che l’additivo in questione è stato prodotto in Cina, “non è previsto uno specifico controllo sanitario all’importazione al punto di ingresso negli altri Paesi Ue a differenza di quanto avviene in Italia che dispone invece degli uffici di sanità marittima ed aerea che espletano controlli a campione” hanno ammesso dal Ministero.

Quindi l’arsenico contenuto negli energy drink in questione è entrato in Europa senza alcun problema. Perché la trafila di controlli e contro-controlli ha delle falle sensibili. A spiegarlo è sempre il ministero. “Nei Paesi comunitari come l’Olanda i controlli vengono effettuati a destinazione e quindi compatibilmente con la programmazione delle autorità sanitarie di ogni singolo Paese. Relativamente alla notifica in oggetto la contaminazione peraltro è stata rilevata in autocontrollo da parte di una ditta belga. Pertanto è da attribuire all’importatore olandese una inadeguata verifica sulle materie prime importate”. Se ciò non bastasse c’è sempre la lentezza nella trasmissione dei dati tra i vari stati europei: “In Italia la segnalazione della lista di distribuzione è pervenuta con notevole ritardo, esponendo in tal modo i consumatori nei Paesi oggetto di commercializzazione al rischio di assunzione dell’arsenico” hanno concluso dal ministero. Con imbarazzo.

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