Più di quattro mesi di scambi di documenti senza (quasi) nessun risultato. A partire dal 25 gennaio, quando Alexis Tsipras ha vinto le elezioni, il negoziato tra la Grecia e i creditori internazionali sul programma di assistenza finanziaria non si è mai interrotto. Ma l’unico risultato concreto ottenuto finora è stato, il compromesso con cui la ex troika il 20 febbraio ha accettato di estendere fino a fine giugno il secondo pacchetto di aiuti. In aprile si è riacceso l’allarme quando Atene ha ventilato di non essere in grado, senza il versamento di nuovi prestiti, di ripagare il dovuto al Fondo monetario internazionale. Cosa che si è puntualmente verificata martedì sera a mezzanotte. Da allora le trattative si sono intensificate, così come la presentazione di proposte e controproposte tra Atene e Bruxelles. Tutti i vertici sono però andati a vuoto e le riunioni dell’Eurogruppo si sono concluse, una dopo l’altra, con un nulla di fatto, tra scambi di accuse da entrambe le parti e attacchi a tutto campo che hanno allontanato sempre più la speranza di un accordo. Fino al colpo di scena della convocazione di un referendum sulle ultime misure chieste dai creditori, mossa unilaterale con cui Tsipras ha di fatto abbandonato il tavolo del negoziato. 

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