L’Italia ha ottenuto risorse europee della Connecting Europe Facility per complessivi 15 progetti, fra cui spiccano la Torino-Lione e il valico del Brennero, per circa 1,2 miliardi di euro. La Commissione Europea ha selezionato 276 progetti sui circa 700 presentati e verranno finanziati complessivamente 13,1 miliardi di euro. L’Italia si situa al terzo posto dopo Germania e Francia per i finanziamenti che riceverà. Oltre al Brennero, il collegamento ferroviario per Malpensa (fino a 2 milioni), soluzioni ambientali per il porto di Genova (fino a 4,6 milioni), studio per le autostrade del mare (fino a 13 milioni), miglioramento della navigabilità del Po (fino a 9,2 milioni) e studio sui suoi sistemi di comunicazione (fino a 1,2 milioni), rafforzamento del corridoio mediterraneo per le merci verso la Croazia (sino a 2,4 milioni), implementazione del corridoio Rotterdam-Genova (fino a 13,6 milioni), due progetti per la gestione dello spazio aereo (fino a circa 245 milioni ma da suddividere con gli altri paesi Ue), studio per la creazione di una piattaforma europea per l’ottimizzazione dello scambio di informazioni per i trasporti stradali (fino a 7,4 milioni da suddividere con gli altri paesi Ue), e infine il miglioramento del terminal per i container dell’interporto di Padova (fino a 3,4).

E’ un nuovo elenco di opere giustificato più dalla pressione politica dei territori, che dalla loro necessità. Lo schema è quello di sempre, evitare verifiche tecnico-economiche sugli investimenti, rilanciando opere avviate tanti anni fa, molte non più necessarie, per poter erogare a pioggia le (scarse) risorse europee. Le opere civili  sostengono un’industria “obsoleta”, chiusa alla concorrenza, ma aperta alla corruzione. Certo non gli obiettivi di un governo riformatore. Per Renzi questo programma significa più investimenti, più posti di lavoro, più efficienza nei trasporti, maggior scambio e movimento con il resto d’Europa. Mentre oggi lo sviluppo occupazionale sarebbe da ricercare nell’informatizzazione del settore, nell’innovazione della logistica e nella gestione di porti, aeroporti, autostrade e reti ferroviarie aperte alla concorrenza. Società di gestione di aeroporti, porti e trasporti pubblici invece somigliano più ad Aziende sanitarie locali che a imprese di servizi.

La Torino-Lione non trova nessuna giustificazione sotto il profilo dei traffici stimati, sia merci che passeggeri, che non motivano un’opera così costosa. La direttrice Italia-Francia non assicurerà neppure in futuro un buon utilizzo dell’opera. Diverso è il discorso del Brennero, posto su una direttrice di traffico nord sud certamente più trafficata, ora e in prospettiva. Opera che interessa anche un Paese, l’Austria, che non ama essere attraversata dai Tir. Il più grande tunnel ferroviario europeo se lo sono fatto e pagato gli svizzeri – il Gottardo – che puntano sui treni merci e quindi sulla sostenibilità ambientale dei trasporti. Arriveranno tre trafori ferroviari in particolare per le merci, Gottardo nel 2016, Brennero e Frejus, mentre il trasporto merci su ferrovia, nella rete nazionale, che deve accogliere i futuri treni, è ai minimi storici per motivi “gestionali” di scarsa competitività ed alti costi. Bene il potenziamento della Milano-Chiasso ferroviaria oramai congestionata e il congelamento del terzo valico dei Giovi sulla Milano Genova.

Alcune sorprendenti opere sono però contenute nella lista dell’organismo comunitario. Miglioramento della navigabilità del Po (fino a 9,2 milioni). Da Piacenza al mare Adriatico è dagli anni ’60 che si costruiscono porti e canali navigabili, famoso perché rimasto incompleto è il canale Milano-Cremona-Po. Nonostante i sedici porti sul Po sono più che deludenti i traffici fluvio-marittimi che nel tempo diminuivano con il crescere di porti ed attracchi. L’alveo del Po si continua ad abbassare ed il fiume è diventato meno navigabile per l’accrescere di periodi di secca alternati a piene incontrollabili. Il nuovo collegamento ferroviario di Malpensa (2 milioni) sembra più un must che un’opera sensata. Il grande scalo mai decollato, Hub mancato, è collegato con Milano Cadorna e Centrale, con Novara e Bellinzona (treni semivuoti). È collegato a sud con la ss 336, strada vuota, con la Milan-Torino e a nord est con l’autostrada Varese-Milano. Quanto basta per uno scalo che doveva trasportare 40 milioni di passeggeri e che invece si è fermato a 18 milioni e che, con il crescere dei collegamenti, ha ridotto i sui traffici.

È la gestione di Sea il problema visto che sembra quella di una azienda della vecchia Iri. Nei non meglio precisati rafforzamenti dei corridoi Rotterdam-Genova e per la Croazia si celano opere locali, strade, bretelle, potenziamenti portuali o ferroviari  privi di una logica di rete. Insomma nonostante le risorse a disposizione un chiaro indirizzo programmatorio non si fa strada, forse basterebbe partire dalle priorità e chiedersi come mai è stato bocciato il terzo valico ferroviario sulla Milano-Genova. Questo contraddittorio piano dovrebbe spingere i governi ad una revisione dei caotici programmi infrastrutturali privi di obiettivi concreti e di presupposti al passo con i tempi che mettano al primo posto un uso razionale delle risorse e gli obiettivi della sostenibilità ambientale peraltro contenuti nel libro bianco dei trasporti rimasto lettera morta nel nostro Paese.

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