Il 30 giugno del 1908 sui cieli di Tunguska, in Siberia, si scatenò una violentissima esplosione. Stimata dagli studiosi tra i 10 e i 15 megatoni, pari a circa mille bombe di Hiroshima, avvenne a un’altitudine di 5-10 chilometri e abbatté decine di milioni di alberi, su una superficie di più di 2mila chilometri quadrati di foresta. Non si sa ancora cosa provocò questo evento catastrofico: forse una cometa, o un asteroide. Alcune ipotesi tirano in ballo persino l’antimateria. Quel che è certo è che il bagliore fu osservato fino a 700 chilometri di distanza. L’onda d’urto, inoltre, fece quasi deragliare alcuni convogli della Transiberiana, a 600 chilometri dal punto d’impatto.

A più di un secolo di distanza, lo stesso giorno di fine giugno, un gruppo di scienziati, astronauti e artisti, guidati dall’ex chitarrista dei Queen Brian May – un dottorato di astrofisica alle spalle – e dal film-maker Grigorij Richters, ha deciso di organizzare il primo “Asteroid day”.

Diretta streaming dell’evento e collegamento via Twitter con gli esperti dell’Esa
Lo scopo dell’iniziativa – con due appuntamenti principali a Londra e San Francisco, e altri eventi in contemporanea in tutto il mondo, compresa l’Italia (è possibile seguire la diretta streaming attraverso il sito del “Virtual telescope” di Roma – è sensibilizzare l’opinione pubblica sul pericolo che un asteroide possa entrare in rotta di collisione con la Terra. Come già accaduto numerose volte nella storia del Pianeta, ad esempio circa 65 milioni di anni fa, con l’impatto che ha provocato l’estinzione dei dinosauri. Per l’occasione, gli scienziati dell’Agenzia spaziale europea (Esa) risponderanno alle domande degli appassionati, inviate via Twitter attraverso l’hashtag #AskESA.

“Gli asteroidi impattano sulla Terra: senza interventi, questi impatti provocheranno enormi danni alle nostre società, comunità e famiglie – si legge nel manifesto stilato per l’Asteroid day, che i promotori, astronauti, premi Nobel, artisti e semplici cittadini, invitano a sottoscrivere online -. Esistono un milione di asteroidi nel nostro Sistema solare, potenzialmente in grado di colpire la Terra e distruggere una città. Finora ne abbiamo scoperti meno di 10mila, appena l’1%. Tuttavia – prosegue la dichiarazione -, a differenza di altri disastri naturali, in questo caso sappiamo come scongiurare il rischio, e abbiamo a disposizione la tecnologia per cambiare la situazione”. L’ambizioso progetto dell’Asteroid day è intensificare il programma di tracciatura dei cosiddetti “Near-Earth asteroids” – i corpi più vicini alla Terra, la cui traiettoria potrebbe pericolosamente incrociare l’orbita del nostro Pianeta – fino a catalogarne 100mila l’anno, entro i prossimi dieci anni.

La Nasa a caccia di asteroidi, anche con l’aiuto dei cittadini, grazie a un’app
Sin dalla notte dei tempi l’uomo ha avuto il timore che il cielo gli cadesse addosso. Un rischio che la scienza prende da anni in considerazione. La Nasa, ad esempio, spende attualmente circa 40 milioni di dollari l’anno per la sorveglianza degli asteroidi, e ha ricevuto dal Congresso Usa il mandato di scovare, entro il 2020, tutte le rocce spaziali di diametro superiore a 140 metri. In un report dello scorso anno, però, l’ispettore generale della Nasa ha affermato che, senza ulteriori fondi, è improbabile che l’agenzia spaziale Usa riesca a centrare questo obiettivo. E ha chiesto al Congresso di stanziare altri 10 milioni di dollari nel 2016.

Nel frattempo, la Nasa ha deciso di coinvolgere anche astrofili e comuni cittadini, lanciando un’app per coinvolgerli in questa ricerca. Grazie a un software, denominato “Asteroid data hunter” –  che analizza le immagini di potenziali asteroidi e permette di determinare quali oggetti devono essere monitorati – tutti coloro che posseggono un telescopio amatoriale potranno caricare i propri scatti stellari, e analizzarli con l’app in dotazione al software. Una volta catturata l’immagine e inserita nel database Nasa, il cacciatore virtuale di asteroidi potrà, quindi, riconoscere l’oggetto segnalato e inviare i dati al “Minor planet center” – una lista di tutti gli oggetti celesti catalogati grazie all’International astronomical union (Iau) – per la conferma del risultato dell’osservazione. Da una prima stima dell’agenzia spaziale Usa, tramite questa app, si potrebbero individuare fino al 15% in più di asteroidi.

Una pioggia incessante di 40mila tonnellate di materiale l’anno
Ogni anno circa 40mila tonnellate di meteoriti e polveri cosmiche piovono sulla Terra a una velocità compresa tra 40mila e 200mila km/h. Incontri ravvicinati con questi fossili del Sistema solare non sono, infatti, così rari. Nei giorni scorsi, ad esempio, la Terra è stata “visitata” – a 8 milioni di chilometri di distanza, 21 volte quella Terra-Luna – da un oggetto di 1,5 chilometri di diametro, battezzato “Icaro” per i suoi periodici viaggi verso il Sole. La maggior parte dei sassi spaziali sfugge, però, al monitoraggio dei telescopi basati a Terra. Soprattutto quelli tra i 50 e le poche centinaia di metri di diametro. Basti pensare che l’asteroide che nel febbraio 2013 è esploso sui cieli di Chelyabinsk, ferendo 1500 persone a causa dell’onda d’urto, misurava circa 20 metri di diametro, secondo le stime degli esperti, che non ne avevano previsto l’arrivo. “Senza punti di osservazione spaziali – come il programma NeoCam della Nasa, ndr – ogni progresso sarà sempre in fase di stallo”, commenta Mark Boslough, fisico dei Sandia National Laboratories di Albuquerque, nel New Mexico. “Trovare gli asteroidi, prima che loro trovino noi”, è il motto del progetto NeoCam dell’agenzia Usa. Secondo una recente indagine della rivista specializzata “Icarus”, anticipata online, a partire da agosto 2014 sono stati catalogati solo 565 Near-Earth asteroids (Nea) del diametro compreso tra 45 e 55 metri, su un numero totale stimato in circa 520mila.

Le future missioni spaziali sugli asteroidi: con un occhio a Luna e Marte
Gli asteroidi, però, non rappresentano solo una potenziale minaccia, ma anche una miniera di preziose informazioni per gli scienziati sulle origini del Sistema solare. Sono, infatti, messaggi in bottiglia cosmici, risalenti alla formazione della Terra, circa 4,6 miliardi di anni fa. Per questo, le principali agenzie spaziali progettano nei prossimi anni spedizioni su questi sassi celesti. Il progetto più avanzato si chiama “Osiris-Rex” (Origins Spectral Interpretation Resource Identification Security-Regolith Explorer), una missione Nasa che, nel settembre del 2016, sarà lanciata verso l’asteroide “Bennu”. La sonda americana arriverà a destinazione nel 2018, e avrà il compito di raccogliere un campione di roccia fossile di almeno 60 grammi di peso, per riportarlo sulla Terra nel 2023.

Altri due progetti sono, invece, ancora in fase di studio. Il primo, una missione congiunta Esa-Nasa è in programma nel 2022. Si chiama “Aida” (The Asteroid Impact & Deflection Assessment). La sua missione è colpire un asteroide a 22mila km l’ora, per verificare la possibilità di deviarne la traiettoria. Protagoniste due sonde, battezzate “Aim” (Asteroid impact mission), dell’Esa, e l’americana “Dart” (Double asteroid redirection test). L’obiettivo è “Didymos”, un oggetto binario la cui porzione principale ha un diametro di 750 metri. Di natura diversa, infine, il progetto “Arm” (Asteroid redirect mission) della Nasa. Il suo scopo è prelevare una porzione di roccia dalla superficie di un asteroide, e portarla in orbita intorno alla Luna, per essere poi esplorata dagli astronauti in una successiva missione. Nelle intenzioni della Nasa, infatti, il progetto spaziale servirà anche a testare tecnologie per un futuro viaggio dell’uomo su Marte.

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