Una spesa di 50 milioni di euro per una social card aggiuntiva. Che è diventata un mistero. Perché nessuno fornisce un resoconto di come siano stati utilizzati quei soldi. Eppure il provvedimento del governo prevedeva di spiegare le modalità di investimento delle risorse, non solo per trasparenza, ma anche per verificare l’effettivo funzionamento del piano anti-povertà. Questa ulteriore social card prende il nome di “sostegno all’inclusione attiva” (abbreviato nella sigla Sia) ed è un impegno di spesa che va a sommarsi alla social card voluta e lanciata dal governo di Silvio Berlusconi tra il 2008 e il 2009. Il progetto sperimentale ha riguardato 12 città italiane con l’obiettivo di sostenere i ceti meno abbienti. Ma ora si scopre che potrebbe essere “tutto uno spreco”, come accusa Giulia Di Vita, deputata del Movimento 5 Stelle. Come mai, dopo tanti anni di esperienza resta ancora un mistero? Semplice: dopo essere stata varata dal governo di Enrico Letta nel gennaio 2013,  l’esecutivo di Matteo Renzi non è ancora riuscito a rendere noto l’esito della fase sperimentale. Nonostante nel Documento di economia e finanzia (Def) 2015 ne abbia esteso gli effetti a tutto il Mezzogiorno. Con una ulteriore, possibile moltiplicazione della spesa.

CITTA’ CAMPIONE Il progetto pilota ha viste coinvolte le città italiane con oltre 250 mila abitanti: Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia e Verona. “Il target di riferimento è la lotta alla povertà minorile a partire dalle famiglie in cui chi lavorava ha perso il posto di lavoro e non ha più diritto a sussidi”, spiega il sito del Ministero del Lavoro. Erano state anche previste diverse modulazioni di finanziamento: i nuclei familiari con 2 membri avevano diritto a 231 euro, quelli con 3 membri a 281 euro fino ai 404 euro per le famiglie con 5 componenti. Ma c’è un problema: i comuni coinvolti nell’iniziativa non sono stati in grado sinora di fornire dati completi sull’utilizzo delle card.

CARD MILIONARIE Per questo Giulia Di Vita ha presentato un’interrogazione al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per sapere come sono stati effettivamente impiegati i 50 milioni delle card. “La verità è che la misura è stata attuata in maniera disorganica, non c’è uno studio del problema”, attacca la deputata che ha anche provveduto a inviare una richiesta via posta elettronica certifica ai Comuni interessati dalla misura. L’obiettivo? Avere un “report relativo allo stato di attuazione del Sia, evidenziando in particolare gli aspetti positivi e le criticità emerse, nonché il resoconto anche sommario dei progetti personalizzati che eventualmente fossero stati definiti e organizzati in favore dei beneficiari”, racconta Di Vita. Ma sinora le risposte sono state poche e parziali. Alimentando ancora di più il mistero sull’impiego dei 50 milioni delle card.

 

Twitter: @SteI

Articolo Precedente

Sprechi Montecitorio: hanno meno di venti deputati ma fanno gruppo lo stesso

next
Articolo Successivo

Fiducia alla Buona scuola, sull’educazione di genere il governo rischia di cadere

next