“Non ci sono ancora abbastanza progressi”. A pronunciare il solito refrain è stato il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem entrando alla riunione dei ministri delle Finanze dell’Eurozona, la quarta nel giro di una settimana. Che è stato un altro buco nell’acqua. Il tedesco Wolfgang Schäuble ha puntualizzato che la Grecia si “è mossa all’indietro” e “le differenze sono più grandi” rispetto a qualche giorno fa. Secondo Reuters la ex troika ha messo Atene davanti a un ultimatum: o accetta le richieste o non riceverà i 7,2 miliardi di aiuti che costituiscono l’ultima tranche dell’attuale piano di assistenza. Ergo non sarà in grado di ripagare gli 1,6 miliardi di euro dovuti al Fondo e andrà in default. Intanto i capitali continuano a defluire dal Paese e a poco vale che l’Eurotower abbia concesso nuova liquidità di emergenza agli istituti di credito greci per il quinto giorno lavorativo di fila. Il premier Alexis Tsipras come sempre manifesta ottimismo: “Siamo in grado di giungere a un compromesso che permetterà alla Grecia e all’Europa di superare la crisi”. Ma è in mezzo al fuoco incrociato dell’ex troika e dell’ala sinistra di Syriza e a metterlo ancora più alle strette è arrivata anche una dichiarazione della presidenza del Partito popolare europeo. Che ha fatto appello al suo governo perché “segua l’esempio di Spagna, Irlanda, Portogallo e Cipro, che hanno attraversato momenti complicati di riforma ma che ora stanno raccogliendo i frutti. C’è una forte volontà dei primi ministri della zona euro perché succeda altrettanto per la Grecia”.

Per i creditori il piano di Tsipras è recessivo – L’incontro avvenuto in mattinata tra Tsipras, Dijsselbloem, il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, il numero uno della Bce Mario Draghi e il direttore del Fondo monetario Christine Lagarde non è bastato per ridurre la distanza tra le parti. Il governo ellenico resta fermo sulle sue posizioni: non accetta le correzioni chieste dal Brussels group al piano economico mirato a rimettere in sesto i conti pubblici del Paese. Le istituzioni ritengono che misure come l’aumento delle tasse sulle imprese e il prelievo una tantum del 12% sugli utili societari siano recessive. Andrebbero insomma a scapito della timida ripresa iniziata lo scorso anno (nel primo trimestre 2015 la Grecia è già tornata in recessione). “Non si può basare un programma solo sulla promessa di nuovo gettito fiscale”, ha rimarcato Lagarde alla rivista Challenges. “E’ stato fatto negli ultimi cinque anni, con pochi risultati”. Di qui la richiesta di rovesciare la filosofia degli interventi e impugnare con più decisione le forbici sulle pensioni, aumentando i prelievi per le prestazioni sanitarie, abolendo dal 2017 il supplemento riconosciuto alle minime e innalzando l’età pensionabile a 67 anni dal 2022. Tsipras, già sotto il fuoco di fila delle parti più estreme di Syriza, non ci sta. Così come non vuole dire sì al raddoppio da 200 a 400 milioni dei tagli alla difesa, ipotesi che farebbe salire sulle barricate il partito nazionalista dei Greci indipendenti con cui è alleato.

Goldman Sachs: “Con Grexit i tassi di interesse sui Btp tornerebbero al livello del 2011” – Lo spettro dell’uscita della Grecia dall’euro è insomma dietro l’angolo. Ma la Grexit darebbe il via a un effetto domino destinato a travolgere per primi gli altri Paesi “periferici” dell’area, compresa l’Italia. Gli economisti di Goldman Sachs, in un report intitolato “Prudenza di fronte ai rischi che rimangono”, stimano che la differenza di rendimento (spread) tra i Btp e gli omologhi tedeschi, i Bund, salirebbe di 350-400 punti base dagli attuali 135. Tornerebbe cioè ai livelli del novembre 2011, quando Silvio Berlusconi si dimise lasciando il campo al governo tecnico guidato da Mario Monti. Il tasso di interesse pagato dai titoli italiani a dieci anni ha aperto la seduta al 2,16% contro il 2,12 di mercoledì sera. Nel corso del 2015, fino all’inizio di giugno quando è nuovamente deflagrato il caso Grecia, è sempre rimasto sotto il 2%. Anche l’ex premier ed ex governatore della Banca centrale greca Lucas Papademos ha fatto presente che da una conclusione sfavorevole dei negoziati per il resto dell’eurozona “non può essere escluso il rischio di contagio“. Un rischio “non alto come nel 2012, ma in caso di uno sviluppo sfavorevole o di default le implicazioni saranno di lungo termine” per tutta l’Eurozona.

“I paesi creditori hanno almeno altrettanto colpe dei debitori“, ha evidenziato il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco intervenendo a un convegno alla Farnesina. Per Visco “è evidente che paesi con modelli orientati all’export e una posizione creditoria elevata hanno almeno altrettante colpe dei paesi che fanno all’opposto e accumulano debito”.

 

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