Fino a un anno fa viveva al terzo piano di un bilocale in via Meda 37. Con lui solo il padre. Niente madre o fratelli. Dopodiché il trasferimento in un’altra zona di Milano. Dove? Resta uno dei tanti punti oscuri di questa storia che termina il 17 giugno 2015 in uno stabile abbandonato di via Negrotto estrema periferia est di Milano. Qui, infatti, viene ritrovato un corpo senza vita. Le volanti del commissariato Quarto Oggiaro ci inciampano per caso durante un controllo di routine in uno dei tanti caseggiati per disperati di questa zona vicina alla stazione ferroviaria di Villapizzone dove il 14 giugno una banda di latinos ha aggredito a colpi di machete un capotreno. La vittima, riferiscono fonti investigative, è uno studente portoghese non ancora maggiorenne. Marco (il nome è rigorosamente di fantasia, ndr) è regolarmente residente in città. La squadra Mobile da oggi indaga ufficialmente per omicidio. L’autopsia è ancora in corso, ma dai primi accertamenti la morte risale a una trentina di giorni fa, mentre la denuncia fatta dal padre è più recente. In realtà il genitore, ascoltato nei giorni scorsi della polizia, ha fatto due denuncia, l’ultima “molto a ridosso del ritrovamento del cadavere”. Secondo le prime ricostruzioni, il papà sarebbe stato avvertito da alcuni amici del ragazzo che lo avrebbero messo in allarme spiegando che Marco stava frequentando brutte compagnie. Questo, forse, il motivo che lo ha fatto finire cadavere nel fortino dei disperati. Ucciso, non vi è dubbio. Come resta da capirlo. Ammazzato al primo piano di questa fabbrica abbandonata oppure portato già cadavere. Sul corpo sono stati individuati segni di coltello. Quando la polizia è intervenuta il corpo era in avanzato stato di decomposizione. Era praticamente mummificato. E nonostante questo sotto la testa era presenta una larga macchia di sangue.

Per tentare di mettere insieme i pezzi di questa vicenda, e in attesa che la magistratura abbia un quadro più chiaro, bisogna ricostruire la vita di questo ragazzo, il quale nel 2013 frequenta la terza media dell’Istituto Elsa Morante di via Heine zona non distante da via Meda. Stando alla logica Marco all’epoca aveva 13 anni. Più probabile ne avesse qualcuno di più, ipotizzando almeno una bocciatura. In quello stesso anno lo studente fa una preiscrizione al liceo artistico Brera la cui sede è in via Padre Gregorio XIV, stesso edificio dell’istituto Cattaneo. La prova è l’elenco delle classe per l’anno 2013-14. Marco però al liceo Brera non ci andrà mai. In quel 2013, infatti, viene bocciato. Che fa a questo punto? Resta nella sua casa di via Meda. Sta solo, mentre il padre esce presto e torna tardi. “E’ un gran lavoratore”, spiega la portinaia. Che però si preoccupa di quel figlio un po’ “casinista” e che a volte si mette nei guai per qualche rissa con alcuni coetanei. Marco frequenta il parco Baravalle di via Tabacchi. A volte si accompagna con gente più grande di lui. Cappellino calato in testa e jeans larghi, fisico minuto. Questa la sua descrizione. A volte in via Meda si faceva vedere anche la polizia. Le telecamere del civico 37 (palazzo privato e non popolare) a volte lo riprendevano assieme a gente più grande di lui.

Questo il quadro, ad oggi. Ma oltre a scavare nella vita e nelle abitudini di questo ragazzo, adesso la polizia deve capire il movente di questo omicidio. La pista che porterebbe al mondo dei trans sembra ormai abbandonata. Anche perché la presenza di travestiti, fanno sapere fonti investigative, risalirebbe a qualche anno fa. Più credibile l’aggancio con la droga. Qualche discussione forse. Dosi non pagate. Di certo appare poco plausibile l’idea che Marco, a soli 17 anni, e con un padre in fondo attento nonostante il lavoro, si sia trasformato in uno sbandato come i tanti che qui in via Negrotto 40 vengono a passare la notte.

 

 

 

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