Tra i tanti libri usciti ultimamente voglio soffermarmi su due testi inediti di due personalità diversissime tra loro, e di epoche che si sono solo sfiorate. In comune c’è il coraggio di due editori italiani, Del Vecchio e Feltrinelli, di lanciarli (o rilanciarli) in prima mondiale, anticipando tutto e tutti. Trovo che siano queste le operazioni che riescono a dare un po’ di ossigeno al moribondo mercato editoriale nazionale, sempre più preso dal romanzetto da un miliardo di lettori, dagli scrittoruccoli da truccare prima delle comparsate nella nota trasmissione televisiva o dalla folle idea di qualche politico nostrano di creare la fantomatica biblioteca delle porcherie, dove i sessanta milioni di italiani che hanno scritto un libro e che nessuno si fila (nemmeno gli usurai dell’editoria a pagamento) avranno la possibilità di depositare il proprio testo e godersi i futili quindici minuti di celebrità. La cultura muore, e noi con lei… ma veniamo ai testi in questione.

guerra e rivoluzioneIl primo è Guerra e rivoluzione, del monumentale e sempre attualissimo Lev Tolstoj (edito da Feltrinelli, a cura di Roberto Coaloa, con nota di apertura di Gian Paolo Serino). A Roberto Coaloa va il merito di aver scovato e tradotto il testo inedito, un lavoro perfetto e curatissimo che riesce a ricreare la dialettica e le suggestioni evocate dallo scrittore russo in questo originale saggio. Tesi principale di Tolstoj è che con la violenza fisica non si può fare la rivoluzione. Scritto nel 1906 al tramonto della frenetica e sanguinosa Rivoluzione russa del 1905 e della sconfitta della Russia nella guerra di dichiarata ambizione imperialistica contro il Giappone, censurato dallo spietato apparato repressivo zarista, il testo è un vero e proprio programma politico, lucido ed efficace, un programma che è un inno contro la società contemporanea e la tirrania degli stati sovrani.

Tolstoj si fa profeta di una nuova era e con grande lucidità invita alla insubordinazione verso ogni forma di governo: “per liberarsi da tutti i mali di cui soffrono gli uomini c’è un unico mezzo: il lavoro interiore che ognuno deve fare per essere l’architetto del proprio miglioramento morale. Nel delegare il loro potere gli individui realizzano invece una sorta di schiavitù volontaria”. Nonostante una non dichiarata ammirazione verso una concezione azionista e rivoluzionaria della insurrezione, Tolstoj sembra anticipare, nella sua tesi, una concezione di rivolta quasi gandhiana o marcusiana. Guerra e rivoluzione fu pubblicato non senza enormi difficoltà a Parigi nel 1906 ma diventerà presto introvabile, caduto, inspiegabilmente, nel dimenticatoio delle opere belle. Fino alla riscoperta di Roberto Coaloa, attento e formidabile giornalista e studioso, che ha rilanciato quella che può considerarsi una delle analisi di riferimento dell’ultima parte della vita di Lev Tolstoj.

Colette soprattutto per i suoi romanzi, La stella del vespro (edito da Del Vecchio, tradotto e curato da Angelo Molica Franco, con una nota biobibliografica di Chiara Carlino) è invece un’opera intima, commovente e sincera, che mostra come la scrittrice francese fosse un’artista a trecentosessanta gradi. I testi riuniti in questo volume sono stati scritti dal novembre del 1945 al gennaio 1946, quando l’autrice aveva settantatré anni, e dal suo letto-scrivania nel suo appartamento di Palais-Royal rievoca il suo rapporto con il mondo. È un susseguirsi struggente di presente e passato. Dai suoi ricordi di guerra alle visite che riceve. Da quello che osserva nel quadrato ritagliato dalla finestra, alle sue idee sull’arte. Dalle riflessioni sulla sua condizione di invalida al richiamo affettivo per la madre Sido, la figlia, l’ex marito Henry de Jouvenel, il migliore amico Maurice Goudeket. Un testo fondamentale per entrare nella parte più privata e intelettuale di questa figura indimenticabile del secolo scorso. Parole equilibrate ed eleganti per evocare piccoli piaceri e nostalgie di una vita straordinaria.

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