Sembrava sepolto nel tempo profondo dell’evoluzione. Dimenticato da milioni di anni. È un interruttore speciale dei mammiferi, una molecola capace di scatenare una forma primordiale di energia in grado di rigenerare spontaneamente i tessuti dei topolini di laboratorio, senza l’utilizzo di staminali. Proprio come avviene nelle lucertole quando perdono, ad esempio, la loro coda, o negli anfibi. Il suo straordinario meccanismo d’azione è illustrato in uno studio appena pubblicato sulla rivista “Science Translational Medicine”, a firma di un gruppo di ricercatori Usa del Lankenau Institute for Medical Research presso la Main Line Health, coordinati da Ellen Heber-Katz.

“È come avere ritrovato una chiave per aprire un lucchetto ormai dimenticato dall’evoluzione di molti organismi complessi”, spiega all’Ansa Antonio Musarò, dell’Università Sapienza di Roma. Il segreto di questo processo, secondo gli studiosi americani, è rappresentato da un composto, denominato “fattore Hif”, noto finora ai ricercatori per il suo ruolo nella regolazione dell’ossigeno, e nella produzione di energia in ambienti privi del prezioso gas atmosferico.

“Questa molecola – spiega Heber-Katz – può agire per attivare la ricrescita del tessuto perso o danneggiato nei topi, aprendo così la strada a nuove possibilità per la rigenerazione dei tessuti dei mammiferi”.

Il risultato è stato ottenuto grazie agli studi condotti su particolari topolini di laboratorio, i cosiddetti “Murphy Roths Large”, che hanno una capacità di rigenerazione dei tessuti unica nei mammiferi. A rendere speciali questi topi è proprio l’attivazione del fattore Hif, normalmente presente in tutti gli organismi viventi, ma spento nei mammiferi. I ricercatori americani non hanno fatto altro che attivare questo fattore anche nei comuni topolini da laboratorio, riuscendo così ad aumentare nei loro tessuti la capacità rigenerativa tipica dei topi Murphy Roths Large.

“Attivando il fattore Hif, i ricercatori Usa hanno osservato un fenomeno simile a quello che avviene nelle lucertole. Le cellule dei tessuti danneggiati – spiega Musarò – sono state, infatti, in grado di tornare, per così dire, indietro nel tempo. Di dimenticare, cioè, la loro specializzazione, e tornare quasi allo stadio di cellule staminali. Un processo – aggiunge lo studioso italiano – noto come de-differenziazione, che permette di riparare i danni accumulati dai tessuti nel corso della vita dell’organismo”.

Il passo successivo della ricerca Usa sarà, adesso, cercare di comprendere se il fattore Hif è in grado di svolgere la medesima azione rigenerativa anche in altri mammiferi, uomo compreso. “Siamo impegnati – conclude George Prendergast, che dirige l’istituto Usa coinvolto nella ricerca – nell’obiettivo di scoprire terapie che rendano la rigenerazione dei tessuti una possibilità concreta negli esseri umani”.

L’abstract dello studio Usa

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