Una nuova psichiatria senza più medicine, e che può ridurre i costi della sanità pubblica. Lo afferma in un libro, Anatomia della guarigione (Anima Edizioni), la dottoressa Erica Francesca Poli: una laurea in medicina e chirurgia, una specializzazione in psichiatria, e da oltre 10 anni alle prese con il metodo ISTDP, validato scientificamente e affermatosi negli Stati Uniti, Gran Bretagna, Scandinavia, Australia, ma soprattutto in Canada, dove è integrato anche nel settore sanitario statale. Neuroscienze alla base, lavoro di terapia più sul corpo che sull’intelletto, ma soprattutto la possibilità di una nuova medicina integrata dove confluiscono tradizioni differenti dal solo dogma occidentale.

A farne simbolicamente le spese sembra essere la psicologia classica, con Freud e Jung pronti alla rottamazione. “In realtà, più che metterla da parte la dobbiamo trasformare ed integrare alla luce di nuovi dati neuroscientifici”, spiega la Poli al FQMagazine. “Le analisi junghiana e freudiana che ho sperimentato anche su me stessa, mi hanno insegnato molto ma nel lavoro clinico portavano a una fase di stallo per molto tempo. Ho aperto la mente ad altre tecniche e mi sono imbattuta nelle scoperte degli ultimi quindici anni nell’ambito delle neuroscienze dove si parla di cervello emotivo”. Il cosiddetto “sistema limbico” che sta sotto la corteccia cerebrale, sede del linguaggio e del pensiero, condiviso dall’uomo con gli altri mammiferi. “Questa parte del cervello è un ‘grande serbatoio’ che funziona come l’inconscio freudiano, dove hanno sede i misteri del cambiamento e anche dell’autoguarigione, perché a questo cervello risponde tanto un’emozione quanto un impulso fisico – continua la Poli –.  Parla il linguaggio delle immagini, dei sogni e delle sensazioni che tra l’altro è il linguaggio della psicanalisi, solo che poi è stato distorto dal punto di vista intellettuale. Il cervello emotivo non fa ragionamenti ma sente, e quando sente attiva una serie di reazioni fisiche”. Rabbia, tristezza, gioia, paura, le più classiche emozioni non sono pensieri, ma in primis eventi corporei. Basti pensare che se un’emozione permane nella persona in quanto non risolta, e magari repressa per tanto tempo, “equivale a centinaia di ormoni, sostanze, messaggi da cellula a cellula, da organo a organo, e di solito c’è un organo target più colpito di altri, che si tradurrà in manifestazione fisica. Questa ‘malattia’ non viene dal niente, ma è il risultato di un lungo processo di informazioni prima emotive, poi energetiche poi fisiche”.

Ed è qui che interviene il metodo di lavoro ISTDP creato dallo psichiatra Habib Davanloo e sviluppato ai massimi livelli dal medico d’urgenza e psichiatra Allan Abbass che Poli, e pochissimi altri colleghi in tutta Italia, applica ai pazienti nel suo studio di Milano: “Viene riattivata la stessa catena, la stessa via neurovegetativa che è alla base del problema. Il  sistema limbico riparte, infatti se facessimo una risonanza il consumo di glucosio e il flusso sanguigno in quelle aree cerebrali sarebbero altissimi: è come se ci fosse un incendio che dura da tanto tempo ma viene affrontato finalmente in maniera da spegnerlo, invece che reprimerlo e far sì che si riaccenda al prossimo stimolo, come nella coazione a ripetere di Freud. Ad esempio se c’è un sentiero nel bosco 9 persone su 10 percorrono il sentiero già tracciato, lo stesso avviene nel cervello. Una rete neurale legata all’esperienza d’infanzia, attivata tante volte, che aveva il genitore e ripresa per imitazione, può essere invece sentita  e affrontata diversamente da come è accaduto prima e dunque non più ripetuta: è come uno che entra nel bosco col machete e apre un nuovo sentiero”.

In Canada dove l’ISTDP è affiancato pari grado nei pronto soccorso alle analisi di routine, ha permesso di ridurre drasticamente i costi della sanità pubblica, i giorni di malattia dei lavoratori, e l’uso di medicinali invasivi come: antidepressivi, ansiolitici, antiacidi, antidolorifici, sonniferi. “Parliamo di una psichiatria senza medicine, ciò non vuol dire che i farmaci non debbano più essere necessariamente utilizzati, ma nel protocollo ISTDP il target non sono i sintomi ma le emozioni represse da cui questi sintomi provengono. Il Prof. Abbass, con cui collaboro da anni, ha effettuato studi su moltissime patologie come il colon irritabile, la sclerosi multipla, la cefalea, l’ipertensione, la fibromialgia per citare solo alcuni esempi.  Recentemente, è stato svolto anche uno studio sui tremori essenziali, privi di causa precisa, che vengono curati con betabloccanti o impianti chirurgici a livello cerebrale per bloccarli. Il risultato è che chi aveva usato l’impianto non ha tratto benefici, mentre facendo sedute di questa nuova terapia il tremore è scomparso”. “Sono tutti dati rintracciabili in rete e pubblicati su importanti riviste scientifiche – prosegue la dottoressa –. Del resto è l’OMS fin dal 2009 ad aver richiesto a tutti gli stati membri di introdurre le medicine tradizionali, alternative e olistiche nei piani sanitari nazionali. Io stessa sono stata chiamata da tre deputati del Movimento 5 Stelle alla Camera dei Deputati nel marzo 2015 per dare il mio contributo alla Nuova Legge Sanitaria che recepirà i dettami dell’OMS. L’unica regione italiana ad aver già applicato le direttive è la Toscana: a Putignano c’è il primo ospedale integrato con agopuntura e omeopatia. Ci tengo a precisare che ho solo suggerito parti della Proposta di Legge. Poteva chiamarmi qualunque partito, a me basta far passare il messaggio”.

Al cuore del nuovo paradigma c’è infine anche l’integrazione della medicina occidentale con tecniche mediche tradizionali, come l’ayurveda, la cinese, la tibetana: “Integrative, non alternative. È ora di superare questo conflitto tra fazioni. Noi siamo fatti di anima, mente, emozioni e anche di corpo, siamo integrati per definizione, quindi la medicina deve essere integrata. La terapia farmacologica non va necessariamente buttata. Dipende dalla fase, dalla situazione, dalla consapevolezza della persona che magari in un dato momento non ha disposizione d’animo per quella cura: sarebbe assurdo non utilizzare altri metodi. La “nostra” medicina occidentale utilizza un paradigma meccanicistico: considera il corpo fatto di parti come una macchina, gli arti si rompono e noi li aggiustiamo. Cerchiamo una parte esterna, un incidente, un inquinante per spiegare come mai il pezzo si è rotto. Invece le medicine alternative hanno un paradigma diverso: sono medicine del ‘terreno’, se capita quella cosa il tuo terreno era permissivo, la malattia è quindi il risultato composito del tuo terreno e di un agente esterno. Chiaro che per eliminare il bacillo non c’è niente di meglio di un antibiotico, ma se contemporaneamente non ti curi del tuo terreno, non guarisci”.

Nello studio della Poli si curano “persone” per 10/11 ore al giorno, talvolta anche il sabato e nei festivi, e la lista d’attesa è di due mesi (“ci stiamo comunque attrezzando con una equipe e uno dei miei collaboratori ora è in grado di sostituirmi”). E se all’inizio la predominanza di pazienti era al femminile (70%) oggi si è arrivati a un pareggio (“gli uomini quando ci si mettono sono dei panzer”), con una media di sedute, per i disturbi cosiddetti dell’area nevrotica, che farebbe rabbrividire qualunque blocco delle ricevute dello psicanalista di lungo corso: 7 a paziente, di circa un’ora e mezzo o talvolta anche tre, e il problema è risolto: “In Canada è stato fatto un esperimento. Sono stati presi 58 terapeuti diversi, alcuni si stavano ancora formando, e la media delle sedute per risolvere la malattia dei pazienti è stata di 7,8. Insomma, non è il carisma del singolo a far aumentare i risultati, ma la validità del metodo. Se ciò ha cambiato la politica sanitaria in altri paesi, spero la cambi anche nel nostro”.

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