C’ero alla Coalizione sociale di sabato e domenica scorsa e ho visto partecipare sia Franco Piperno che Oreste Scalzone. Nei miei articoli non ho registrato la loro presenza così come non ho registrato uno ad uno il migliaio circa di partecipanti. Perché i due fondatori di Potere operaio all’inizio dei 70, protagonisti di una stagione pesante della politica italiana, entrambi con guai giudiziari rilevanti e su cui si può legittimamente esprimere i giudizi che si vuole questo sono stati in quella sede: due partecipanti. Due, singole, persone che hanno girovagato tra le sale – uno anche in condizioni difficili, viste le stampelle e gli acciacchi – ascoltato gli interventi, salutato chi li ha riconosciuti, del tutto anonimi tra gli anonimi.

Accostarli alla Coalizione sociale lanciata da Maurizio Landini, come ha fatto Matteo Renzi – e prima di lui il Corriere della Sera in un suo editoriale – lascia di stucco. Non tanto per l’operazione, poco ambiziosa, che cerca di inchiodare Landini a presunti “cattivi maestri, protagonisti, a detta di chi esprime quei giudizi, di una storia oscura e inaffidabile.
Quello che fa riflettere è che, ancora nel 2015, gli anni 70, i cosiddetti “anni di piombo” costituiscano il riferimento negativo, l’incubo che ritorna, il modello da cui fuggire. Come se, invece, fossero modelli da prendere in prestito il connubio affaristico, e in parte mafioso, in cui è finito una parte del Pd, le vicende spesso dimenticate del centrodestra italiano – tutto, compresi Salvini e Meloni che si ergono a oppositori – nel clientelismo affaristico e nei legami poco limpidi con i settori della malavita, senza dover citare i Dell’Utri o i Cuffaro. Sono questi gli esempi di novità, di bella politica, di “allegria” e felicità stile latinoamericano?
Se nel 2000 ormai avviato, un giovane premier di belle speranze deve agitare lo spauracchio di un settantaduenne Piperno o di un sessantottente Scalzone per contrastare i propri nemici politici, vuol dire che la narrazione si è inceppata. E l’assist offerto da editorialisti che difficilmente possono credere davvero che Landini sia influenzabile da ipotesi estremiste, può non bastare più. Eppure, questo paese sembra non possa uscire dal tunnel di una stagione che, in realtà, non è mai stata analizzata fino in fondo. Non almeno nella dimensione sepolta sotto la coltre del piombo e del fumo dove, invece, si sono alternate esperienze generose e formidabili che hanno permesso la più grande avanzata dei diritti sociali e politici che l’Italia abbia mai visto. Dallo Statuto dei Lavoratori (1970) al referendum sul divorzio (1974) dalla legge Basaglia (1978) all’avanzata del Pci (1976). Ma forse è proprio questo il problema.
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