Eletta a furor di popolo dalla società civile, considerata il sindaco della rivoluzione in un territorio che ha fatto da feudo a Cosa Nostra, quindi sfiduciata dai quelli che dovevano essere i suoi stessi alleati. Adesso Maria Teresa Collica, per trentatré mesi primo cittadino di Barcellona Pozzo di Gotto, quarantamila abitanti in provincia di Messina, è di nuovo in pista: dopo essersi ricandidata con una lista civica, è approdata a sorpresa al ballottaggio, nonostante il boicottaggio dei vecchi alleati del Pd, desiderosi di eleggere un sindaco fedele agli ordini di scuderia, ma sconfitti al primo turno e costretti a guardare da lontano la sfida tra il forzista Roberto Materia e l’ex sindaco sfiduciato.

Eletta nel 2012, lo stesso anno che ha sancito il ritorno di Leoluca Orlando alla guida della città di Palermo, e pochi mesi prima del successo del Movimento Cinque Stelle alle regionali siciliane, Collica è stata più volte paragonata a Renato Accorinti, il sindaco pacifista che ha vinto a sorpresa le elezioni nella Messina di Francantonio Genovese. È per questo che dopo la vittoria, i giornali hanno parlato di “primavera di Barcellona”, un territorio dove fino a quel momento si erano succeduti soltanto lunghissimi inverni fatti di agguati mafiosi, logge massoniche coperte e giornalisti assassinati.

È a Barcellona che nel 1993 si nascondeva protettissimo il boss Nitto Santapaola, ed è sempre a Barcellona che viene assassinato nello stesso anno il giornalista Beppe Alfano: paga probabilmente l’avere individuato la presenza del capo dei capi di Cosa Nostra catanese in città. Ma non solo: nel paesotto affacciato sul Tirreno hanno dimora da tempo immemore personaggi border line capaci di agire come “uomini cerniera” tra cosche mafiose, pezzi dei servizi segreti e logge occulte. È questo il ritratto fornito dalla direzione antimafia di Messina sull’avvocato Rosario Pio Cattafi, considerato l’ultimo boss di Barcellona, con un passato tra gli estremisti neri di Ordine Nuovo e una frequentazione con Pietro Rampulla, l’artificiere della strage di Capaci.

I fenomeni criminali della città peloritana poi fanno registrare un’altra peculiarità: sono pochissimi i collaboratori di giustizia. Uno degli ultimi a “pentirsi” è stato il killer Carmelo D’Amico, autore di dichiarazioni che tirano in ballo pesantemente l’ex vicepresidente del Senato Domenico Nania: l’esponente del Pdl è indicato come il capo di una loggia massonica occulta che dava asilo a importanti boss mafiosi. Ecco perché nel 2012 l’elezione di Collica viene salutata come una rivoluzione: da queste parti è considerato un atto inedito e particolarmente coraggioso persino l’ormai diffusissima decisione di costituire il comune come parte civile nei processi per mafia.

Già tre anni fa per la verità il Pd piuttosto che sostenere Collica, vincitrice delle primarie, aveva preferito puntare su un fedelissimo di Nania, l’ex presidente del consiglio comunale di An Filippo Marte. Poi aveva iniziato a dialogare con il sindaco fino a quella drammatica notte del 13 marzo: le lancette dell’orologio avevano appena toccato l’una, quando dopo una seduta fiume il consiglio comunale aveva approvato la mozione di sfiducia per il sindaco. Una mozione decisa dai voti del Pd, sulla carta alleato della Collica, ma ormai dilaniato da violenti scontri intestini, dovuti soprattutto alla mutazione genetica che il partito ha avviato proprio nel laboratorio politico siciliano. “Volevano fermare quest’amministrazione prima che i risultati fossero visibili a tutti e per loro sarebbe stato troppo tardi”, spiegava con amarezza il sindaco in un affollatissimo comizio di piazza convocato subito dopo la sfiducia. Nei trentatré mesi di amministrazione, Collica assicura di essere riuscita ad ottenere 20 milioni di euro di finanziamenti europei da investire nelle scuole, nel mercato ortofrutticolo, nelle infrastrutture. Poi ecco la sfiducia, con i consiglieri comunali che stranamente preferiscono fare harakiri e tornare al voto pur di mettere un punto alla primavera cittadina.

“Perché mi hanno sfiduciato? Perché erano arrivati i fondi per finanziare servizi sociali e opere pubbliche: era il momento in cui sarebbero state impegnate queste somme, ed evidentemente il vecchio establishment ha pensato di tornare al potere in città”, dice oggi l’ex sindaco, dopo aver staccato di oltre mille voti Giusi Turrisi, il candidato del Pd, che da queste parti è il feudo di Genovese, l’ex deputato arrestato nel maggio scorso per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, al peculato e alla truffa. “Sfiduciandomi, i partiti dicevano d’interpretare la volontà popolare. Io però vedevo fiducia attorno a me: e l’unico modo per capire quale fosse la vera volontà della città era ricandidarmi”, continua Collica, aspirante sindaco di una terra che per troppi anni è stata allergica alle primavere e alle rivoluzioni.

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