Marco Pressacco (a sinistra nella foto) ha da poco compiuto 30 anni e da un anno vive a Valencia. In questo periodo è molto occupato perché in primavera l’orto ecologico che coltiva con l’amico belga Bert Vander Vennet, sta dando i primi frutti di stagione. Ogni mercoledì sera preparano venti cassette di ortaggi e le vendono su ordinazione a giovani coppie, qualche famiglia, un paio di ristoranti e un negozio biologico. Una volta finita la vendita al dettaglio, lasciano l’appezzamento nella zona di Foios – nella cintura valenciana – e vendono i prodotti in un bar del centro.

“Ho iniziato a lavorare con Bert l’autunno scorso”, racconta. “Una volta a settimana lo aiutavo nel campo in cambio di una cassetta di verdura. Poi mi ha proposto di aprire una cooperativa, di lavorare con lui a tempo pieno e di dividere a metà i guadagni”. I primi mesi non sono stati facili, quattro cassette di raccolto per sette euro a testa. “Ma la natura ti insegna ad avere pazienza”, precisa Marco, e solo sei mesi più tardi, grazie al passaparola, i clienti si sono moltiplicati così come la soddisfazione di essere ricompensati dalla terra.

Marco ha lasciato l’Italia nel 2012, ha trascorso qualche mese in Cina per preparare la tesi e si è laureato in Storia all’Università di Padova. “A Pechino avevo trovato lavoro come insegnante di italiano, ma non mi piaceva l’alienazione della megalopoli. In Italia lavoravo nel circuito dei palchi, giornate intere sotto il sole per allestire lo show. Mi pagavano 7 euro all’ora. Avevo un appoggio a Valencia e sono partito senza avere idea di cosa avrei fatto per mantenermi”.

Marco incontra Bert tramite amici in comune e il belga racconta di aver affittato un terreno per cento euro all’anno. “Bert è un agronomo, ha studiato a Gent e ha cominciato un progetto di ricerca in Brasile”, spiega Marco. “Era molto deluso dall’ambiente accademico e voleva mettere in pratica qualcosa di concreto”. Il clima valenciano garantisce una produzione agricola importante anche nei mesi invernali e la filosofia di Bert è evitare l’uso di pesticidi o diserbanti chimici. Quindi è consentito l’utilizzo solo di agenti naturali “e tanto lavoro di braccia”. La giornata tipo? “Stamattina ho cominciato alle 7 e per otto ore ho strappato erbacce. Però ogni giorno si impara qualcosa. Mi dispiace che molti giovani non sappiano nemmeno come sia fatta una pianta di pomodori. Qui si dice che il lavoro nel campi pulisce l’anima ed è quello che sta avvenendo in me ogni giorno”.

Anche in Italia si sta diffondendo la cultura degli orti urbani, ma Marco non crede di volere tornare. “Sono cresciuto in provincia di Udine e ho studiato in Veneto – spiega – posso dire che il Nord-est non è un esempio di apertura mentale. Dove possibile, ognuno fa per sé coltivando il proprio fazzoletto di terra. Un’idea come quella di Bert sarebbe vista dalle mie parti con scetticismo e diffidenza. Ci taccerebbero di essere rivoluzionari comunisti”. Quello che Marco ha trovato a Valencia “è una rete sociale” che in Italia mancava. Nonostante infatti anche in Spagna ci sia “un alto tasso di disoccupazione” c’è anche “un modo diverso di buscarse la vida. Oltre all’ottimismo – precisa – c’è anche la convinzione che il cambiamento parta dalla fiducia verso i progetti degli altri, in particolare quello che prevedono cooperazione. Se per esempio abbiamo bisogno di un trattore per arare, lo chiediamo in prestito ai contadini che hanno i terreni accanto al nostro. In Italia, invece, non cominci nemmeno un’attività se non disponi di tutta l’attrezzatura”.

La nostalgia di casa rimane sullo sfondo. “Mi mancano i miei amici, la mia famiglia, i fiumi e i formaggi della mia terra – dice – ma credo in questo progetto perché Bert ha posto in me piena fiducia“. L’obiettivo della coppia di agricoltori è di “riuscire a vendere trenta cassette a settimana” in modo da mantenersi “senza la necessità di arrotondare con altri lavori occasionali. Prima che aprissimo la cooperativa – conclude MarcoBert aveva comprato alcuni attrezzi da lavoro, a me non ha chiesto un soldo”. Il loro capitale? “Tre vanghe, tre zappe e un furgone. E la forza delle braccia”.

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