Una festa di compleanno tra bambini delle elementari, un litigio e poi botte e calci al compagno di classe disabile. Quando gli adulti presenti sono andati a dividere i due bambini, però, la giustificazione di uno di loro ha sconvolto i genitori del piccolo vittima delle violenze: “Quando si comporta male, la maestra ci ha detto di fare così”. Protagonisti di questa storia sono una classe elementare di un istituto del Comune di Vinci, in provincia di Firenze, e una delle insegnanti, accusata di giustificare e incentivare la violenza dei compagni su un bambino disabile. Alla richiesta di spiegazioni, però, la maestra e la dirigente scolastica dell’istituto si sono giustificate dicendo che “c’è stato un fraintendimento, i bambini hanno mal interpretato le parole della loro insegnante”. Nei confronti della maestra, nonostante le richieste della famiglia, non è stato preso alcun provvedimento di cautela.

Una versione, quella della scuola, che poco convince la famiglia e l’associazione dei genitori di ragazzi portatori di handicap “Noi da Grandi” che ha inviato una lettera con una richiesta di spiegazioni al provveditorato. “L’insegnante dice che i bambini hanno frainteso – racconta a ilfattoquotidiano.it Rita Fantoni, di “Noi da Grandi” –, ma dopo l’episodio sia i genitori che la dirigente scolastica hanno convocato i bambini uno per uno per chiedere loro cosa stesse succedendo in classe. Tutti hanno confermato la versione del bambino che ha picchiato il compagno disabile: la maestra ha detto loro di comportarsi così. Le possibilità, allora, sono due: o l’insegnante veramente incentivava le violenze dei compagni di classe, e questo sarebbe un fatto gravissimo, oppure ci sono dei seri problemi di comunicazione che, per chi gestisce ed educa bambini in un’età così delicata, non possono essere tutelati. Ciò che a noi ha impressionato è che da parte della dirigenza scolastica si stia cercando di ergere un muro a protezione dell’insegnante, senza voler andare a fondo con questa vicenda”.

L’associazione si è subito mossa per avere il prima possibile spiegazioni dai responsabili scolastici, mentre i genitori, intanto, hanno ritirato il bambino dall’istituto prima della fine dell’anno e hanno detto di volerlo iscrivere in un’altra scuola. “La famiglia del piccolo – continua Fantoni – non ha voluto sporgere denuncia. Il bambino è costantemente seguito da psicologi e, quindi, possiamo dire che è tutelato e supererà il trauma. Per questo hanno scelto di non costringere sia lui che i compagni a testimoniare in un’aula di tribunale, cosa che li avrebbe stressati ulteriormente e che avrebbe accresciuto la percezione di gravità della vicenda ai loro occhi. I genitori non si trovavano bene con le insegnanti e i membri dell’istituto e, quindi, avrebbero comunque trasferito il figlio in un’altra scuola, anche se il bambino vorrebbe tornare in classe con i suoi compagni: “Credo – dice Fantoni – che non si possa parlare di un caso di bullismo. Il bambino era invitato a tutte le feste di compleanno, era parte attiva della classe e non siamo di fronte a episodi di violenza quotidiana, a una persecuzione. La cosa sconcertante, infatti, non è che dei bambini di sei, sette o otto anni facciano a botte, ma che dicano che a giustificare e incentivare le violenze sia la loro insegnante”.

Twitter: @GianniRosini

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