Il lavoro in Italia c’è. Almeno per chi si diploma negli Istituti tecnici superiori (Its), nati per formare figure altamente professionali e combattere l’abbandono scolastico. Il dato, in controtendenza rispetto ai numeri sulla disoccupazione giovanile, arriva dagli esiti del monitoraggio fatto sui 75 istituti di “alta formazione” Its elaborati dall’Indire e dal ministero della Pubblica Istruzione. Il dossier è stato presentato giovedì scorso a Firenze in occasione della quarta Conferenza dei Servizi: il 69,3% dei diplomati trova un posto di lavoro entro sei mesi dal conseguimento del diploma. Una percentuale che sale a 78,3% se si esaminano i diplomati che trovano un’occupazione entro un anno.

Un dato interessante soprattutto perché la maggior parte di questi giovani riesce a trovare un impiego in coerenza con il proprio percorso di studi. A maggior ragione, se si pensa al boom di iscrizioni nei licei tradizionali registrato quest’anno. Puntando la lente d’ingrandimento sui numeri forniti dal monitoraggio scopriamo che l’area delle nuove tecnologie per il made in Italy, la meccanica e l’agroalimentare sono i corsi più frequentati: di conseguenza, pur non essendoci un dato che conferma questa riflessione, i ragazzi che si diplomano in un istituto tecnico superiore, riescono a sistemarsi in questi ambiti. Un successo per questo segmento formativo “scuole ad alta specializzazione tecnologica”, nate per rispondere alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche. Un’esperienza strettamente legata al pianeta del lavoro: il 63% dei docenti proviene dal mondo economico. Nel 29% dei casi si tratta di liberi professionisti, artigiani e consulenti, mentre il 71% arriva direttamente dalle imprese. Ed è proprio il legame tra istruzione e lavoro che sembra essere il successo di questi corsi: basta pensare che il tasso medio di tirocinio effettivamente svolto è pari al 48% e che le aziende che hanno ospitato in stage gli studenti sono 1.055.

Ma di cosa si tratta? A partire dal 2013 i percorsi degli Istituti Tecnici Superiori (ITS) sono diventati stabili. L’ITS è la prima esperienza italiana collegamento tra la scuola e il mondo del lavoro. Sono nati per formare tecnici superiori in aree strategiche per lo sviluppo economico e la competitività del nostro paese: Nuove tecnologie per la vita, Nuove tecnologie per il Made in Italy, Tec e le attività culturali-Turismo, Tecnologie della informazione e della comunicazione. Non sono un prolungamento dell’istruzione secondaria superiore e neppure una sorta di “laurea breve” a conclusione di un corso biennale parauniversitario. Sono Istituti Tecnici Superiori paragonabili alle Professionali Svizzere, al Brevet Technicien Supérieur francesi.

Siamo di fronte ad un nuovo modello di scuola frequentata soprattutto da maschi (76%) e da diplomati (96%). Tuttavia si registra anche un tasso del 4% di laureati. Una fotografia che il presidente di Indire, Giovanni Biondi, ritiene positiva: “Grazie a questi percorsi integrati di studio e lavoro, fondati su attività laboratoriali, viene proposto un nuovo modello didattico basato sul learning by doing. Dai dati in nostro possesso – continua il presidente – il tasso di abbandono degli studenti è solo del 22%, nettamente inferiore rispetto a quello dei percorsi universitari. È un tipo di formazione tagliata su misura delle esigenze sia degli studenti che del mercato del lavoro. Infatti, circa l’80% degli studenti è assunto entro un anno dalla fine del percorso formativo”. Dal 2010 ad oggi sono stati attivati 349 percorsi. A livello regionale, in vetta alla classifica per numero di corsi attivati c’è la Lombardia, seguita dal Veneto, dall’Emilia Romagna e dalla Liguria. Un’attività che ha coinvolto come partner delle fondazioni Its 509 imprese, oltre a centinaia di istituti di scuola secondaria di secondo grado, dipartimenti universitari, enti di ricerca, ordini professionali, camere di commercio, banche e organizzazioni sindacali.

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