Oltre 2 milioni di voti in meno per il Partito democratico, 893mila consensi persi per il MoVimento 5 Stelle e 840mila lasciati per strada da Forza Italia. Sul fronte opposto la Lega, che ha riscosso 256mila preferenze in più. Sono i risultati del confronto fatto dall’Istituto Carlo Cattaneo di Bologna tra i risultati elettorali dei maggiori partiti nelle sette regioni chiamate alle urne e quelli ottenuti alle elezioni Europee del 2014. L’analisi, che si concentra sul numero assoluto di voti, evidenzia un’emorragia per tutte le maggiori formazioni. Una tendenza attribuibile anche al calo generale del livello di partecipazione, che in nessuna regione ha raggiunto il 60%, soglia superata nel 2010 da tutte e sette. Il Carroccio fa eccezione e registra un progresso del 50%, a fronte di un crollo speculare (-50,2%) del partito guidato da Matteo Renzi. Il Pd perde più di 1 milione di voti (-33,8%) anche se il confronto è con il risultato delle politiche del 2013, quando il segretario era Pier Luigi Bersani. Al contrario il partito di Matteo Salvini ha messo a segno un +109% rispetto a due anni fa, quando il leader era Roberto Maroni. Quanto all’M5S, il movimento di Beppe Grillo ha visto i consensi calare del 60% rispetto all’exploit del 2013, una differenza che vale 1,9 milioni di voti.

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Dal punto di vista territoriale, il calo registrato dal Pd è significativo in tutta Italia, ma particolarmente forte in Veneto (-65,8%), dove in questa tornata Luca Zaia ha “asfaltato” Alessandra Moretti, e in Liguria (-57,3%), dove il candidato di FI Giovanni Toti ha strappato il 34% contro il 28% di Raffaella Paita. Un risultato che secondo l’istituto può essere attribuito solo in parte al fenomeno delle “liste del presidente”, che hanno avuto consensi molto disomogenei. Per esempio in Puglia quella di Michele Emiliano si è imposta con il 9,2% dei voti, ma in Veneto quella della Moretti si è fermata al 3,8%. E in Toscana, Umbria e Liguria, tutte regioni in cui il Pd ha perso molto terreno, le liste del presidente non c’erano.

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Quanto al MoVimento, l’istituto scrive che non è riuscito a capitalizzare le difficoltà degli avversari anche in contesti favorevoli, come la Campania dei candidati “impresentabili” segnalati dalla Commissione Antimafia: anche qui gli M5S hanno perso per strada il 41,6%. In Veneto, poi, l’emorragia rispetto al 2013 è stata del 75%. Molti elettori del centro-destra, è la diagnosi, sono probabilmente stati riassorbiti dal partito di Salvini.

Ma è la compagine guidata da Silvio Berlusconi ad aver registrato le perdite più gravi: nel complesso il 46,9% rispetto alle Europee del 2014 e il 67% dei consensi presi alle politiche del 2013. Si tratta, in valori assoluti, di quasi 2 milioni di voti sul 2013 e quasi 1 milione rispetto al 2014. FI limita il danno solo in Campania e Liguria, limitatamente al confronto con il 2013. Nel primo caso, nota l’analisi, il candidato era il presidente della giunta uscente, nel secondo un esponente azzurro di rilievo nazionale, il consigliere politico Toti. Una conferma che Forza Italia soffre dell’assenza o della debolezza della leadership che storicamente l’ha guidata.

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La Lega Nord, infine, è l’unico grande partito che aumenta i propri consensi: +402.584 rispetto a quelli delle elezioni politiche del 2013 e +256.803 rispetto alle Europee. Il Carroccio ha corso soprattutto nelle regioni “rosse”, aree in cui in precedenza era meno forte. Dal 2014 a oggi i consensi in Toscana e Umbria sono triplicati, nelle Marche raddoppiati. Nella roccaforte del Veneto si registra l’unica contrazione rispetto al 2014 (-9,7%), che l’istituto lega al risultato eclatante della lista “del presidente” collegata a Zaia. La Lega è diventato “azionista di maggioranza” del centrodestra e della potenziale coalizione in tutte le regioni in cui ha presentato una propria lista, superando Forza Italia: nel 2015 il peso delle camicie verdi sul totale dei voti al centrodestra è salito al 67% contro il 33% delle camicie azzurre. Un anno fa i rapporti di forza erano praticamente invertiti.

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