Pierluigi Bersani precettato a far campagna in Liguria per la burlandian-renziana Raffaella Paita stringe il cuore e – al tempo stesso – induce un vago senso di disgusto: lo spettacolo della terza età lubrica che non sa rivestire la propria decadenza nei panni del decoro. Come nell’immagine simbolo del sorrentiniano “Youth”, in cui due vecchietti (Caine e Keitel) posano il loro sguardo vagamente bavoso sul corpo nudo e intatto di una giovinetta.

L’icona di questo degrado imbarazzante è quella classica dell’anziano professore ne “L’angelo azzurro” (1930) che, obnubilato dallo spettacolo ad alta seduzione delle gambe di Lola-Lola Marlene Dietrich, smarrisce qualsivoglia dignità; sicché – pur di restare accanto all’oscuro oggetto dei suoi desideri – accetta di travestirsi da pollastro e lanciare risibili chicchirichì da dietro le quinte di sordidi cabaret.

Pena e rabbia. Visto che l’ex segretario Pd, disponibile ad acconciarsi a galoppino elettorale, assicurava di essere la punta di lancia dell’opposizione alla controriforma renziana. Dunque, il capofila di tutti i sedicenti guardiani dei valori a sinistra, rientrati con la coda fra le gambe all’ovile per inseguire il loro, di oggetto del desiderio: una ricandidatura alle prossime elezioni politiche (che potrebbero essere imminenti) per proseguire in una insignificante quanto ben remunerata carriera parlamentare.

Triste vicenda, che fa balzare davanti agli occhi di noi cittadini attoniti il primo dei due segni evidenziatori del degrado politico prodottosi in questi anni: l’assoluta mancanza di carattere che ormai contraddistingue il personale politico di governo.

Non per fare il nostalgico, ma mi sembra evidente che nel passato la scena pubblica fosse calcata da grandi personalità, forgiate nel ferro e nel fuoco del loro tempo. Internazionali: Roosevelt, Kennedy, Churchill, De Gaulle, Brandt, ecc. Nazionali: De Gasperi, Einaudi, Terracini, Pertini, Calamandrei, ecc. Oggi ingolfano la scena personaggi creati dalla comunicazione mediatica, che omologa ogni presenza secondo i criteri del set da reality.

A voi fare i nomi di questa genia artificiosa. Che rivela il secondo segnale involutivo in tempi postdemocratici: la prevalenza del virtuale sul reale. Ossia l’irruzione delle tecniche del marketing come criterio unico di ogni armamentario argomentativo. Dunque, il prevalere dell’imbroglio persino sull’evidenza contraria; in base alla regola aurea di tale giochino, secondo cui un’affermazione diventa vera proprio se viene ripetuta – paro, paro – un numero considerevole di volte.

Spine dorsali di pancotto, animule vagule, avvolte in un’aura chiacchierona (spacciata per straordinarietà oratoria). Difatti sono ormai decenni che l’agenda della politica iscrive a priorità un numero ancora una volta indecente di balle e panzane. Ma che diventano oggetto di fede in quanto reiterate. Adesso ci sfiniscono con il messaggio elettoralistico che la recessione è finita. Ci si è messo persino il renziano dell’ultima ora, il governatore di Bankitalia Visco. Eppure la crisi continua imperterrita, nonostante le prestidigitazioni dei Job Act e perfino gli aiutini esterni dell’abbattimento di costi delle materie prime e la svalutazione dell’euro. Del resto come non potrebbe così essere, visto che il sistema d’impresa nazionale ha perso da decenni la propria spinta competitiva?

In Liguria la renziana Paita è una diligente seguace del proprio leader nazionale, in quanto a balle spudorate. A cominciare dall’imminente risanamento dei rivi alluvionali (e perché non lo hanno fatto prima?), per finire con le meraviglie dell’Hi-Tec: la sanità ligure riportata all’eccellenza grazie alla robotica (ma pensa te!).

L’ennesima bufala comunicativa, che si inserisce nell’imbroglio decennale della new wave tecnologica, denunciato giorni fa da Paul Krugman a livello mondiale: “Ci si chiede se la rivoluzione tecnologica non sia stata gonfiata in maniera fuorviante”.

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