L’alba del giorno dopo a Zurigo è un camion della nettezza urbana che in un irreale silenzio raccoglie rifiuti, l’immagine delle macerie lasciate dalla più grande inchiesta che ha scosso le fondamenta del calcio mondiale. Ancora una volta la Svizzera scopre che i suoi forzieri sono insanguinati: centinaia di milioni di dollari che transitano in fondi neri tra dittature e fondazioni, corruzione, riciclaggio di denaro sporco. La Fifa si presenta come un’organizzazione senza scopo di lucro ma fattura circa 1,7 miliardi dollari l’anno e per ogni evenienza ne tiene 1,5 come riserva. Nel 2014 ha pagato 88 milioni in stipendi e 40 in bonus, i conti sono segreti ma si ritiene che il padre padrone del calcio mondiale Sepp Blatter si conceda uno stipendio intorno ai 6-8 milioni l’anno. Oltre dieci volte quello che prende Obama. Questo è il potere della Fifa, vera e propria multinazionale che prima Joao Havelange e poi il suo delfino Blatter hanno trasformato da semplice comitato organizzatore del pallone a vera e propria holding finanziaria che si occupa diritti tv, sponsor, biglietti, hospitality, dell’organizzazione di eventi e della costruzione di centri sportivi.

SOLDI E SPONSOR
Buona parte di questi soldi alla Fifa arrivano dagli sponsor. E se prima non sapevano nulla, ecco che dopo lo scandalo alzano la voce. Visa, che paga circa 25 milioni l’anno, fa sapere che è “rammaricata e preoccupata da quanto accaduto”, e che se in seno al governo del calcio “non risorge una profonda cultura etica” sono pronti a rescindere il contratto. Coca Cola dice che “ha espresso le sue preoccupazioni”. Hyundai e la Budweiser esigono “che si operi con trasparenza”. McDonald sta “monitorando la situazione”. Parole che si perdono nel vento dell’alba del giorno dopo. Basta guardare le carte del Fbi per leggere che una nota azienda di abbigliamento sportivo, non nominata, nel 1996 ha pagato 160 milioni per diventare sponsor della nazionale brasiliana. Ma poi ha dovuto pagare altri 40 milioni a un intermediario attraverso conti correnti svizzeri sotto la dicitura “commissioni per il marketing”. Ogni riferimento a Nike, che stamane ha rilasciato un comunicato in cui si dice da sempre pronta a collaborare con le autorità, non è casuale. Come non è un caso che giorni fa il quotidiano brasiliano O Estadio abbia scritto che negli ultimi dieci anni le convocazioni in nazionale non sono state fatte per meriti tecnici, ma per volere degli sponsor, in particolare la International Sports Event (Ise): un fondo di marketing sportivo con sede alle Cayman e ramificazioni in Arabia Saudita dove si incrocia con Bin Hamman (ex vicepresidente Fifa accusato di corruzione e dimessosi all’inizio dell’affaire Qatar) e altri dirigenti Fifa.

MIGRANTI E LAVORI FORZATI
Gli stessi sponsor con le mani dappertutto che per anni hanno taciuto sulla sistematica violazione dei diritti umani che avviene in Qatar, dove i migranti impiegati per la costruzione degli impianti del Mondiale del 2022 vivono in condizioni definite dalle organizzazioni umanitarie “neo-medievali e di schiavitù”. Queste centinaia di milioni di dollari utilizzati per corruzione, fondi neri e riciclaggio hanno risvegliato i federali e gli inquirenti svizzeri, lo sdegno degli sponsor e lo sbigottimento dei media, che in quattro anni non si erano mai accorti dei numerosi report di Amnesty e Human Right Watch che raccontavano di immigrati indiani e nepalesi morti di caldo e di fatica: i documenti requisiti all’ingresso nel paese, come fossero servi della gleba, costretti a lavorare senza le minime misure di sicurezza per 12 ore al giorno e a dormire in baracche di lamiera a 50° gradi all’ombra senza sistemi fognari, crepando di stenti e malattie. Il sindacato internazionale ITUC ha detto che si va avanti così ci saranno almeno 4mila morti per il calcio d’inizio di Qatar 2022, per la gioia degli sponsor che inonderanno il pianeta con e pubblicità dei futuri Messi e Cristiano Ronaldo. E per non essere da meno ieri Alexander Khinshtein, del partito di governo Russia Unita che appoggia Putin, ha presentato un proposta che contempla l’utilizzo di prigionieri condannati ai lavori forzati per la costruzione degli impianti di Russia 2018.

LE ELEZIONI
Intanto domani ci saranno le elezioni presidenziali e nonostante le mozioni contrarie dei bolivariani del pallone come Romario e Maradona tutto è già deciso: vincerà ancora lui, Sepp Blatter, al quinto mandato consecutivo dall’anno di grazia 1998. Ha poco da chiedere un rinvio il presidente della Uefa Michael Platini (“è il tipico francese che quando il vento soffia a destra si sposta a destra e viceversa va a sinistra” lo ha stroncato ieri Maradona), che doveva essere lui, cresciuto all’ombra e alla scuola di Blatter, lo sfidante designato. Ma poi è inciampato sull’affaire Qatar. Le cene all’Eliseo con Sarkozy e l’emiro Al Thani poche settimane prima dell’assegnazione dei Mondiali al Qatar, con l’emiro che per ringraziare si compra gli Airbus francesi, il Paris Saint-Germain, i diritti tv francesi della Champions con Al Jazeera e infine assume Laurent Platini, figlio di, nella società Qatar Sports Investments (Qsi) che il Mondiale lo organizza. E così si è dovuto ritirare. E così non ha appoggiato per paura che lo oscurasse Luis Figo, che si è ritirato pochi giorni fa dalla corsa, o l’ultimo sfidante rimasto, il principe di Giordania Hussein. E così domani Blatter, coinvolto in innumerevoli scandali dai quali è sempre uscito pulito e profumato, controllando le federazioni africane, centro e nord americane e buona parte di quelle europee e asiatiche sarà di nuovo re.

IL RUOLO (INUTILE) DELL’ITALIA
Se a qualcuno può consolare che l’Italia per la prima volta non sia rimasta coinvolta in uno scandalo pallonaro, la risposta è presto data: non conta nulla. L’Italia dopo l’epopea del poltronissimo Franco Carraro (2004-2009, in tempo per vincere un Mondiale nel 2006) non ha nessun membro nel Comitato Esecutivo: Presidente Blatter, Segretario Generale Valcke, 8 vicepresidenti tra cui Platini, Hussein e poi Webb e Figueredo, arrestati ieri e Villar il cui nome appare in tutte le inchieste. Solo nei 30 comitati minori, composti da 10-15 persone e che rispondono al Comitato Esecutivo, troviamo qualche italiano: l’onnipresente Franco Carraro (Organising Committee for the FIFA World Cup), Umberto Gandini (Committee for Club Football), Demetrio Albertini (Football Committee), Domenico Scala (presidente del Audit and Compliance Committee), Alfredo Trentalange (Referees’ Commitee), Gianni Merlo (Media Committee) e Ferdinando Arcopinto (Futsal and Beach Soccer Committee). Nomi che parlano di Milan e di televisione. Nomi che ricordano come la Figc e la Lega attraverso Tavecchio e Beretta, Galliani e Lotito, siano un’emanazione di Infront: il potentissimo advisor per i diritti tv che controlla il calcio italiano e nel cui board internazionale siede Philippe Blatter, nipote di Sepp.

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